«Spero che ti violentano sti negri. A quattro a quattro te l‘hanno da infilare. Te piace o cazzu nigro. Zingara. Venduta. Toossicaaaa. Le manette, le manette. Vattene. Vergognati. Devi andare in galera». Li abbiamo sentiti o letti tutti questi complimenti con cui è stata accolta Carola Rackete, la capitana della Sea Watch, appena è attraccata a Lampedusa e subito arrestata. Le voci sono di un gruppo di giovani uomini che, poi, urlano contro i deputati del PD saliti sulla nave: «Le mogli vi devono stuprare sti clandestini. Viva gli italiani, viva gli italiani, viva gli italiani».

IL GIORNO DOPO, uno degli eroici pronunciatori di quelle frasi, un pizzaiolo di 23 anni, sorridendo un po’ imbarazzato e mentre si tormenta una manica della maglietta nera, dice a un giornalista del sito Sikelia news: «Sono pentito. Più che altro ero bevuto. Il giorno prima tre tunisini avevano provato a molestare la mia ragazza e dalla rabbia ho detto cose che non sento mie, però purtroppo le ho dette e mi dispiace. Mi dispiace perché ho usato parole contro una donna e non voglio passare per sessista. Io non sono razzista. Ho tanti amici di colore e ho buoni rapporti. Chiedo scusa alle donne, e un po’ a me stesso perché non sono questa persona qua».
Non si sa se queste scuse siano sincere o suggerite da qualcuno per evitare il rischio di denunce. In ogni caso non è questo che conta, ma il meccanismo che si è manifestato. Abbiamo un gruppo di uomini inferociti e incitati da una donna, Angela Maraventano, esponente leghista di Lampedusa, di così specchiata italianità che nel 2012 fu condannata in primo grado dal tribunale di Agrigento per non aver pagato i contributi Inps a un dipendente del suo ristorante. Da mesi i suddetti eroi della protesta sentono il ministro dell’interno additare gli immigrati come la causa di tutti i mali italiani. Lo sbarco della Sea Watch è da giorni fra le prime notizie. Il casus belli non sono i migranti altrimenti i leghisti di Lampedusa avrebbero dovuto manifestare anche contro il barchino proveniente dalla Tunisia che il giorno prima è entrato in porto senza problemi sbarcando 20 migranti, oppure contro i 236 che sono arrivati sull’isola dal 19 giugno scorso. In realtà il nemico da combattere sono le ong e quindi l’arresto di Carola Rackete è un’occasione ghiottissima per dare fuoco alle polveri e sfogo alle viscere.
Ora, non è che uno il giorno prima può urlare «Spero che ti violentano», e lasciamo perdere l’assenza del congiuntivo, e il giorno dopo dire «Mi dispiace» approntando come giustificazione proprio le molestie ricevute dalla propria ragazza. Se la violenza contro una donna non ti piace, non ti deve piacere per nessuna, sennò siamo alla difesa della fidanzata in quanto proprietà e non come essere umano. Stessa cosa dicasi per i migranti.

NON BASTA dire per non esserlo, bisogna dimostrarlo con i fatti sennò non vale.
Infine quel «Chiedo scusa a me stesso perché non sono così» equivale a un’autoassoluzione. È come dire: «Vabbè sì, ti ho insultato, augurato ogni male, ma ero ubriaco e fuori di me. Dai non è successo niente, mi sono fatto del male da solo, e quindi chiedo scusa a me stesso e mi perdono». Qualcuno aveva detto In vino veritas. Avendo visto molti ubriachi posso dire che quella massima è vera, e cioè che la ciucca tira fuori chi si è nel profondo e per una ragione semplicissima: l’alcol inibisce i freni inibitori. Quindi, ardimentosi nemici delle ong, bevete pure per capire chi siete, poi cominciate a lavorare sui vostri fantasmi interiori, che ne avete bisogno.

mariangela.mianiti@gmail.com