Il conto dei morti sale di ora in ora: sono 46 quelli dichiarati dalle autorità, ma ancora è impossibile capire quando si potrà avere un dato definitivo. Il censimento, ad Arquata del Tronto e dintorni, è complicato: non c’è solo la popolazione residente da prendere in considerazione, ma anche i turisti che d’estate vengono da queste parti a godersi la montagna e i boschi, tra seconde case e affitti.

Il dispiegamento di forze è ingente: 300 vigili del fuoco, 120 carabinieri, 50 agenti della Forestale, 50 unità della protezione civile e 350 volontari specializzati. La ricerca dei dispersi va avanti, anche se le speranze diminuiscono con il passare del tempo, perché è impossibile pensare che qualcuno possa riuscire a sopravvivere più di un giorno sotto le macerie.

Il sindaco di Arquata, Aleandro Petrucci, osserva il suo ex paese e si rende conto di essere l’amministratore di un pugno di calcinacci e di qualche centinaio di sfollati in svariate tendopoli allestite tra le province di Ascoli e Macerata, per un totale di 920 posti nelle tende e 480 in branda.

Ad Arquata – dove si contano 30 tende, 100 letti, 2 torri faro, 2 ambulatori da campo e una cucina – di notte fa freddo, e le scosse di assestamento sembrano non finire mai. Tutti tremano, tornano indietro alle 3 e 36 del giorno prima, quando un boato ha ribaltato tutto ciò che ha trovato davanti a sé.

Non c’è più niente qui, solo distruzione e il poco che è rimasto in piedi è difficilmente raggiungibile. Nessuna casa è più agibile, tutto quello che fino a martedì scorso era vita adesso è polvere e calcinacci.

Le abitazioni rimaste in piedi, sventrate, aprono squarci su interni casalinghi che testimoniano un’esistenza scomparsa in un lampo: salotti, camere, sanitari, sedie, scrivanie, soprammobili. Oggetti a cui di solito non si dà grande peso ma che oggi sono totem di un tempo da coniugare soltanto al passato.

Lo sguardo di Petrucci è comunque rivolto verso il futuro, perché dopo la tragedia e il cordoglio arriverà il tempo di rinascere. O almeno così si spera. «La gente vuole che le case vengano ricostruite dov’erano prima – dice -. Arquata è un monumento storico con le case del Cinquecento la Rocca che sarà il simbolo della nostra rinascita. Anche Pescara del Tronto ha una sua storia: i cittadini vogliono restare qua».

La questione è complessa: prima bisognerà ragionare sulla sistemazione provvisoria degli sfollati, poi si rifletterà su come ricostruire Arquata e le sue frazioni. L’ipotesi delle ’new town’ per ora non circola, ma il commento più eloquente è quello del presidente della Provincia di Rieti, Giuseppe Rinaldi: «Il terremoto rischia di essere il colpo di grazia per dei paesi già in difficoltà».

Fuori dai giri che contano davvero, la zona della montagna a cavallo tra Marche, Lazio e Umbria è ricordata soprattutto per i suoi paesaggi suggestivi i borghi di pietra e le chiese pittoresche (ad Arquata c’è quella di San Francesco, in cui tra le altre cose è custodita una copia della Sindone), ma gli interventi strutturali sugli edifici e sulle strade latitano da anni, i pullman passano di rado, i servizi sono ridotti al minimo e bisogna prendere la macchina per fare qualsiasi cosa.

I tempi in cui le istituzioni locali avevano soldi da investire sono finiti e i primi a farne le spese sono stati i centri dell’entroterra, nelle Marche come altrove. Infatti molte persone negli anni si sono spostate verso le città, abbondando il territorio o relegandolo a luogo per le ferie.

Mentre si continua a scavare e nelle tendopoli si cerca di sopravvivere in maniera dignitosa, ad Arquata è tornata a farsi vedere la presidente della Camera Laura Boldrini, che ha cancellato tutti i suoi impegni istituzionali («Compreso quello a Ventotene con quattro altri presidenti di parlamento europei») per stare vicina alla popolazione.

Era già venuta qui mercoledì, la presidente, accompagnata dal governatore marchigiano Luca Ceriscioli, dalla sua vice Anna Casini e dal deputato Luciano Agostini del Pd. «Credo che il mio posto oggi sia qui – ha detto ai cronisti -, tra la gente che soffre. Mi tratterrò e raccoglierò quello che le persone e le istituzioni locali chiedono, anche perché il Parlamento dovrà occuparsi di questo e dovrà farlo nel modo migliore».

Boldrini sabato sarà anche ad Ascoli per un incontro con i presidenti delle regioni colpite dal sisma: «Credo nella sinergia istituzionale e poi i provvedimenti arriveranno alla Camera: è bene avere un quadro chiaro della situazione».

La partita vera si giocherà nelle prossime settimane, infatti, quando si avrà un quadro chiaro dei fondi che verranno stanziati – in arrivo una prima tranche da 50 milioni di euro per le spese più urgenti – e, soprattutto, della loro distribuzione: il fatto che siano state coinvolte tre regioni (oltre alle Marche, il Lazio e, in misura minore, l’Umbria) vuol dire che i soldi verranno divisi e sarà molto importante riuscire a farlo in maniera equa.

La Nuova Banca delle Marche, intanto, ha stanziato venti milioni di euro per gli interventi di prima ricostruzione e ha aderito all’appello lanciato dall’Abi: le famiglie residenti nelle zone distrutte dal terremoto hanno diritto alla sospensione delle rate dei propri mutui per dodici mesi.