Vuoti di memoria. Si potrebbe chiamare così la performance che è costata 24 ore di cella e una multa di mille euro all’artista e modella svizzera Milo Moirè: indossando una specie di box specchiante, girava per Trafalgar Square, a Londra, invitando i passanti a metterci le mani dentro e a palpeggiare il suo corpo, superando le inibizioni. Già nel 2015 Moiré era stata arrestata a Parigi per essersi esibita nuda e in Germania aveva ripetuto l’azione. La provocazione di Moirè è però molto datata ed è un’«azione clone» di quella, che aveva ben altra prorompenza politica, dell’austriaca Valie Export.

«Questa scatola è una sala cinematografica, il mio corpo è lo schermo. Questa sala non è fatta per guardare, è fatta per toccare»: era il 1968 e l’artista se ne andava vagabondando per le strade di città europee (furono dieci fino al 1971) con addosso una «protesi» in forma di box. Una performance la sua che insisteva sull’autodeterminazione sessuale delle donne. E soprattutto era una ribellione al modo in cui gran parte dei film guardavano al corpo femminile. Così, lo «schermo» di quel Touch Cinema aveva una tendina-sipario molto teatrale che negava alla vista, ma non al tatto.
Poi, sempre nel 1968, Valie Export ha passeggiato per le vie di Vienna tenendo al guinzaglio il collega Peter Weibel. Milo Moirè e le forze dell’ordine – hanno la memoria corta: vivono nell’eterno presente dell’era digitale.