Gianluca Ferrara siede al senato in commissione difesa. È stato uno dei primi a dirsi contrario all’aumento della spesa per armamenti, approvato con un ordine del giorno alla camera votato anche dai suoi colleghi del Movimento 5 Stelle. «Bisogna evidenziare che, in questo momento, il paese ha altre priorità – sostiene Ferrara – Veniamo da due anni di pandemia che ha messo a dura prova famiglie ed imprese, prima ancora c’è stata la crisi economica generata dallo scoppio della bolla dei mutui subprime».

In che modo tutto ciò viene intaccato dalle spese militari?
Oggi, per la difesa spendiamo ben 68 milioni di euro al giorno, se si vuole arrivare al 2% questa cifra lieviterebbe a 104 milioni di euro al giorno. Io credo che i cittadini abbiano diritto ad avere una sanità pubblica che funzioni bene, a costi energetici bassi, ad un’istruzione efficiente e ad un lavoro stabile e ben retribuito. Queste sono le priorità che noi rivendichiamo con decisione e a cui non rinunciamo.

La vostra posizione contro l’aumento della spesa militare avrà ripercussioni sul Decreto Ucraina?
Sono due aspetti non collegati tra loro, ma Fratelli d’Italia, per compiacere la potente industria degli armamenti e magari generare divergenze nel fronte progressista, ha presentato un ordine del giorno in cui si chiede di impegnare il governo a spendere il 2% del pil in armi entro il 2024. Un obiettivo temporale irraggiungibile. Anche il ministro della difesa Lorenzo Guerini nel 2019 aveva giudicato «irrealizzabile» questo traguardo, oggi, dopo la pandemia, è ancora più inverosimile. Evidentemente Giorgia Meloni che rivendica con ardore il suo essere «cristiana», non ha ascoltato le parole del Santo Padre che ha esplicitamente detto che si tratta di «una pazzia».

Ci sono dissensi tra di voi parlamentari del M5S? Come si spiega che i suoi colleghi alla camera abbiano votato a fare dell’ordine del giorno?
Verosimilmente alcuni alla camera hanno avuto un deficit comunicativo. Può accadere in momenti frenetici come sovente accade in aula. Ciò che conta è la linea, la prospettiva che è stata ben definita dal nostro presidente Giuseppe Conte, che mi auguro tutti abbiano chiara, perché indica anche una prospettiva diversa. Io reputo che, compito della politica, sia disinnescare in anticipo eventuali nuovi conflitti e per farlo non occorrono più armi ma superare le cause che li generano. È noto che tante guerre scaturiscono per l’accaparramento di petrolio, gas e acqua. Allora investiamo massicciamente in energie rinnovabili e freniamo l’emorragia dei nostri acquedotti che disperdono quasi la metà dell’acqua.

Pensa che a questo punto sia a rischio il governo e persino l’alleanza col Pd?
Noi siamo sempre stati responsabili nonostante la difficoltà di condividere un percorso con forze politiche lontane dai nostri valori. L’abbiamo sempre fatto mettendo al centro l’interesse dei cittadini, in particolare delle fasce più fragili avendo come stella polare la giustizia sociale. Io credo che il fronte progressista debba avere una postura che sia coerente con i valori che stiamo indicando.

Nel M5S, e mi riferisco soprattutto ai primi anni e alla fase del governo con la Lega, ci sono state alcune forme di fascinazione per Putin?
Non credo. Alcune visite rientravano semplicemente nell’ambito di un approccio multilaterale. Noi non abbiamo mai indossato la maglietta di Putin in piazza Rossa a Mosca, non abbiamo mai definito Putin il «miglior statista e democratico del mondo». La realtà è che Putin con questa guerra si è macchiato di crimini contro l’umanità perché nessuna motivazione di natura geopolitica può giustificare questa terribile aggressione. È davvero raccapricciante vedere missili che colpiscono scuole e ospedali e registrare la morte di tanti bambini e donne anche incinte.

Infine, c’è il caso di Vito Petrocelli, presidente della commissione esteri a palazzo Madama che si è posto fuori dalla maggioranza. Come se ne esce?
Petrocelli è sempre stato un presidente super partes ed inclusivo con tutti. Mi rammarica constatare che non condivida più il percorso del Movimento 5 Stelle. Se fossi in lui, non rivedendomi più in un progetto politico e ricevendo critiche quotidiane da tutte le forze politiche per il ruolo che svolgo, farei un passo indietro.