All’inizio degli anni Settanta l’Europa mediterranea conosceva ancora l’ombra lunga dei fascismi. In Grecia, un golpe dei «colonnelli» aveva cancellato le libertà democratiche dal 1967 al 1974. In Spagna, dopo la «guerra civile» (1936-1939), la dittatura di Francisco Franco sarebbe durata fino al 1975, anno della morte del caudillo. In Portogallo, il regime dittatoriale avrebbe coperto addirittura l’arco temporale dal 1933 alla Rivoluzione dei garofani del 1974 avendo in António Salazar il personaggio chiave.

BISOGNA DUNQUE parlare correttamente di «fascismi» al plurale, perché si tratta di regimi reazionari con proprie peculiarità che conosceranno ognuno delle altrettante specifiche transizioni democratiche.

Marco Ferrari, giornalista ex l’Unità, con libri storici nel suo carnet che conosce bene il Portogallo (nel 1995 pubblicò per Sellerio il racconto Alla rivoluzione sulla Due Cavalli, diventato un cult movie nel 2001), ci consegna un testo molto utile per chi vuole approfondire le vicende di questo Paese: L’incredibile storia di António Salazar, il dittatore che morì due volte (Laterza, pp. 200, euro 18,00). Il primo capitolo conquista la lettura fin dal titolo: «Il callista che fece crollare l’impero».

È il racconto di quanto capitò a Salazar colpito nell’agosto 1968 da un ictus cerebrale invalidante, conseguenza di un incidente avvenuto mentre un callista si occupava dei suoi piedi. Si era seduto su una sedia da regista la cui stoffa si ruppe d’improvviso facendogli sbattere violentemente la testa sul pavimento. Il curatore di calli passato alla storia si chiamava Augusto Hilario, ricostruisce Ferrari che annota come il callista e il dittatore s’incontravano ogni tre settimane a causa dei problemi alle ossa di Salazar che lo costringevano a indossare stivali di pelle pregiata (gli oppositori lo chiamavano per l’appunto «O Botas», stivali).

A CAUSA DELLA BRUSCA e violenta caduta accidentale, lo stato confusionale di Salazar ebbe la durata di molti mesi. Venne perciò sostituito al vertice del potere da Marcelo Caetano. Era un avvicendamento a tutti gli effetti, ma in incognito per Salazar. Da qui l’incredibile storia ricostruita da Ferrari: quando il dittatore riprendeva consapevolezza di sé, recitavano intorno a lui perché non si rendesse conto che aveva perso il potere: trasmissioni televisive venivano costruite ad hoc e trasmesse esclusivamente nella sua residenza di São Bento. Si trattava di una sorta di fiction degna del grande schermo. Tutto questo durerà per due anni, fino alla morte del dittatore nel 1970.

SALAZAR, capo della dittatura europea più longeva grazie al sostegno della Chiesa cattolica e degli agrari, oltre alla non partecipazione (come fece la Spagna) alla Seconda guerra mondiale, aveva come modello ideale il fascismo italiano di Benito Mussolini. Di formazione cattolica oscurantista, cultore fanatico della Madonna di Fatima, Salazar era convinto che comandare l’impero coloniale portoghese fosse un compito assegnatogli direttamente da Dio (fino alla Rivoluzione dei garofani erano vasti i territori dominati da Lisbona in Africa: da Capo Verde al Mozambico, dall’Angola alla Guinea-Bissau). Ha viaggiato due volte fuori dai confini del Portogallo e lo ha fatto solo per incontrare Francisco Franco. Il suo regime, che aveva cancellato ogni forma di opposizione, si fondava su «L’Unione nazionale»: il partito unico nato nel 1933.

IL CROLLO DELLA DITTATURA ebbe iniziò nei primi anni Settanta con la rivolta dei militari nei Paesi che reclamavano l’indipendenza dal colonialismo portoghese. La ribellione raggiunse anche Lisbona il 25 aprile del 1974. A dirigere le operazioni dell’insurrezione militare fu il tenente colonnello Otelo Saraiva de Carvalho. La leggenda dei garofani come simbolo della rivoluzione pare si debba a una fioraia che iniziò a mettere quei fiori nelle canne dei fucili dei militari che sfilavano lungo le strade della capitale del Portogallo.

Alla fine della lettura di questo libro, conosciamo meglio il Paese che per anni – anche dopo l’avvento della democrazia – è stato considerato la Cenerentola d’Europa, mentre è governato da due legislature con buoni risultati sociali ed economici da una coalizione di sinistra capeggiata dal premier socialista António Costa.