Era scomparso dai radar da settimane, ma ieri papa Francesco ha rilanciato l’ipotesi di una visita a Mosca e a Kiev, lasciando intendere che il canale diplomatico con la Russia si è riaperto, grazie a nuovi contatti fra il cardinale segretario di Stato Parolin e il ministro degli esteri russo Lavrov.

«Vorrei andare in Ucraina», ha detto il pontefice alla Reuters. «Volevo prima andare a Mosca. Ci siamo scambiati messaggi su questo, pensavo che se il presidente russo mi avesse concesso una piccola finestra per servire la causa della pace…». Finestra che finora è rimasta chiusa. Ma che adesso, ha aggiunto Bergoglio, pare «possibile», tanto da definire quello con Mosca un «dialogo molto aperto e cordiale».

Al rientro dal viaggio in Canada dal 24 al 30 luglio – confermato pochi giorni fa, segno che i problemi al ginocchio che lo hanno costretto ad annullare quello in Congo e Sudan (2-7 luglio) stanno rientrando – «è possibile che io riesca ad andare in Ucraina», ha rivelato il pontefice. Ma «la prima cosa è andare in Russia per cercare di aiutare in qualche modo, vorrei andare in entrambe le capitali». Cioè Mosca e Kiev, magari già fra agosto e settembre.

Che qualcosa si stesse muovendo si evinceva dalle parole pronunciate domenica all’Angelus. «Faccio appello ai capi delle nazioni e delle organizzazioni internazionali, perché reagiscano alla tendenza ad accentuare la conflittualità», aveva detto Francesco. «Il mondo ha bisogno di una pace non basata sull’equilibrio degli armamenti, questo vuol dire far tornare indietro la storia di settant’ anni». La crisi ucraina è «una sfida per statisti saggi, capaci di costruire nel dialogo un mondo migliore per le nuove generazioni. Ma bisogna passare dalle strategie di potere politico, economico e militare a un progetto di pace globale».

Pur avendo più volte condannato l’aggressione della Russia all’Ucraina («conquiste armate, espansioni e imperialismi non hanno nulla a che vedere con il Vangelo», ha detto giovedì scorso a una delegazione ortodossa del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli), la posizione del papa sulla guerra è stata sempre articolata. «Dobbiamo allontanarci dal normale schema per cui Cappuccetto rosso era buona e il lupo cattivo. Qui non ci sono buoni e cattivi metafisici. Sta emergendo qualcosa di globale, con elementi che sono molto intrecciati tra di loro», aveva detto al direttore della Civiltà Cattolica, padre Spadaro, e ai responsabili delle altre riviste dei gesuiti. Le parole rilanciate dalla Reuters confermano questa linea.

Nella stessa intervista ci sono altre due notizie. La smentita delle voci che lo vorrebbero presto dimissionario. E la sentenza della Corte suprema Usa sull’aborto: il papa non entra nel merito, ma ribadisce la condanna dell’aborto, paragonandolo – come aveva già fatto in passato – all’«assunzione di un sicario».