Il piano – un po’ maldestro – era in fondo chiaro. Far svolgere i funerali di Eric Priebke in silenzio nella cappella della fraternità Pio X di Albano, per dare la notizia solo dopo la conclusione della cerimonia. Le proteste sarebbero arrivate troppo tardi e quel circolo tenebroso che gira da anni attorno alla figura del boia della Fosse Ardeatine avrebbe avuto quello che si aspettava. Una messa in latino, magari qualche braccio teso e il ricordo di un estremo addio a quello che per loro era «il capitano». Insomma, una vera soluzione all’italiana. A mettersi di traverso – dopo le prime indiscrezioni – è stato per primo il sindaco di Albano Nicola Marini, che in pochi minuti martedì ha firmato l’ordinanza di divieto del passaggio del corteo funebre. Il documento – pubblicato sul sito del comune – è stato subito annullato dal prefetto di Roma.
È questo il vero nodo, la forzatura che ha portato allo scontro. Prima di tutto istituzionale, tra un comune orgoglioso delle proprie tradizioni partigiane e un prefetto che non voleva scontentare nessuno. «Mi trovavo di fronte a una salma – ha spiegato ieri Giuseppe Pecoraro in un’intervista a Repubblica – e alla legittima richiesta di esequie religiose. Che ho autorizzato in una struttura religiosa che ha dato la sua disponibilità e in forma strettamente privata. Potevo forse negare una benedizione cristiana?». Parole che hanno fatto letteralmente infuriare una parte consistente della sinistra.
Ora la palla è ritornata al mittente. Grazie alla splendida resistenza della comunità di Albano Laziale – in prima fila gli anziani, forti della loro memoria – il piano è saltato e il funerale non è mai avvenuto. Una ferita insanabile è stata evitata. Alla fine – a notte ormai inoltrata – la bara è stata trasferita verso l’aeroporto militare di Pratica di mare, ad una trentina di chilometri da Roma. Il gioco è tornato al punto di partenza: che si farà con il cadavere più ingombrante del dopoguerra italiano?
Fonti autorevoli spiegano che si va verso la cremazione del corpo di Priebke. Non è stato ancora stabilito quando, ma di certo non sarà un evento pubblico. Potrebbe in realtà avvenire in qualsiasi momento, trasportando discretamente la bara verso uno dei centri presenti tra Roma e provincia. O via aerea, magari fuori regione, per svolgere il tutto con molta discrezione. Un’operazione che dovrà avvenire quanto prima, forse anche in queste ore, approfittando del calo dell’attenzione sul caso Priebke. Inizialmente ieri mattina era apparsa l’ipotesi di un invio del corpo in Germania, ma già nelle prime ore del pomeriggio il governo tedesco ha fatto sapere di non avere nessuna intenzione di accogliere i resti del criminale nazista. Rimane a quel punto l’ultimo passaggio: dopo la cremazione, che fare con le ceneri? La dispersione sembra una soluzione difficilmente praticabile da un punto di vista legale, salvo interventi ad hoc. La legge è chiara: può avvenire solo se vi è stata una espressa volontà della persona quando era in vita, attraverso un testamento. Non è il caso di Priebke. In teoria i resti dovranno essere affidati ai parenti, che risultano tutti residenti in Argentina, ad iniziare dall’unico figlio in vita. La cremazione, in ogni caso, eviterà la sepoltura, che trasformerebbe un qualsiasi cimitero in un punto di ritrovo dei nazifascisti, alla disperata ricerca di simboli e luoghi. Di Predappio ce n’è già una di troppo, in fondo.
Sicuramente ora la volontà è di mantenere il massimo riserbo su quello che avverrà nelle prossime ore. La scelta di trasferire il corpo in una struttura militare – con gli ingressi blindati e presidiati – va in questo senso. La rivolta popolare di Albano Laziale pesa come un macigno sulle spalle del prefetto, che si trova a fare i conti con diverse richieste ufficiali di dimissioni. I gruppi di Sel e M5s stanno lavorando in queste ore a delle interrogazioni parlamentari, ma già ieri mattina avevano chiesto la rimozione del prefetto di Roma. Accuse dure sono arrivate dagli eletti della zona. Le dimissioni sono state subito chieste dalla senatrice del M5s Elena Fattori e dai deputati di Sel Ileana Piazzoni e Filiberto Zaratti.
Il giorno dopo il blocco del funerale di Albano Laziale sono partite le inevitabili indagini. Per ora non è chiaro quale sia l’obiettivo degli inquirenti. Rimane da capire e da ricostruire con attenzione la presenza di una ventina di neonazisti, arrivati con il chiaro intento di provocare degli scontri. Il gruppo era guidato da Maurizio Boccacci, il fondatore di quel Movimento Politico Occidentale – sciolto nel 1993 per violazione della legge Mancino – che prese piede una ventina di anni fa proprio nella zona dei Castelli Romani. A seguirlo c’era un gruppetto proveniente da Tivoli, riconducibile al circolo Janus, noto per la evidente simpatia nazista. Gente che sulla bacheca facebook consiglia – prima di una gita in montagna – di «portarsi un Kalashnikov». La sera della protesta della popolazione di Albano – supportata da tanta gente arrivata anche dai comuni vicini, come Genzano di Roma – il gruppo fascista ha aggredito con cinghie e catene i manifestanti, prima di essere bloccati dalla polizia. La sera c’è stata poi una sassaiola contro il furgone che portava via Priebke, seguita da una carica. Fatti che la Procura di Velletri ha deciso di chiarire.