Tensione tra Bruxelles e i due paesi, Francia e Italia, che batteranno nel 2015 dei record negativi, nel giorno della pubblicazione delle previsioni d’autunno della Commissione: Parigi avrà il più grosso deficit (4,5% e salirà ancora al 4,7% nel 2016) e Roma un debito pubblico stellare, al 133,8%, abbinato per di più al terzo anno di recessione consecutiva, con un’economia che dovrebbe decrescere dello 0,4% (e risalire penosamente dello 0,6% nel 2016, ma solo grazie alla domanda estera). Jean-Claude Juncker mostra irritazione nei confronti del primo ministro italiano: “a Renzi dico che non sono il capo di una banda di burocrati, sono il presidente della Commissione europea, un’istituzione che merita rispetto, che non ha meno legittimità dei governi”. Ma deve incassare la risposta acerba di Parigi: per Michel Sapin, ministro delle finanze, le previsioni di Bruxelles “sono frutto di un calcolo puramente teorico, non significano nulla”, perché non tengono conto delle ultime modifiche della finanziaria.

Ma Bruxelles dice evviva al “modello” Grecia, che anche se nel 2015 continuerà ad avere il 25% di disoccupati, grazie alla cura da cavallo dell’austerità e “alle riforme strutturali che cominciano a portare frutti” è uscita dalla recessione e avrà una crescita prevista del 2,9%. Per non parlare dell’Irlanda, a cui il supercommissario Jyrki Katainen invia le sue “congratulazioni”, per una previsione di crescita del 3,6% il prossimo anno (Dublino ha ancora una disoccupazione che sfiora il 12%, certo in calo, ma al prezzo di un’emigrazione che ha toccato 75mila persone su 1,8 milioni di attivi, in un paese che con la cura di austerità ha perso il 20% del pil dal 2008 al 2010). Intanto anche la Germania non sta tanto bene, la Commissione ha rivisto al ribasso la prospettiva di crescita della prima economia europea, dal 2% (dato stabilito nel maggio scorso) a 1,1% (in ribasso rispetto a quest’anno, con una crescita dell’1,3%), per poi salire a +1,8% nel 2016. Anche Katainen lo ammette: “nella Ue servono più motori, non ne bastano uno o due” e le riforme sono necessarie “anche in Germania”, dove “per il bene” dello stesso paese, “ha senso investire in ricerca e sviluppo e nelle infrastrutture”.

Jean-Claude Juncker è stato eletto sulla promessa di investire 300 miliardi nell’economia europea. Ma per la Commissione l’economia della zona euro resterà in crisi nel 2015, anche se dovrebbe evitare di cadere in deflazione. Quest’anno, il pil a 28 salirà dell’1,3% e solo dello 0,8% per la zona euro. Piccolo fremito nel 2015, con rispettivamente +1,5% per i 28 e +1,1% per i 18 della moneta unica. La Ue è più pessimista dell’Fmi. “La fiducia è inferiore rispetto alla scorsa primavera”, spiega la Commissione. La colpa è degli altri: soprattutto del rallentamento delle economie emergenti. L’austerità non c’entra. Anzi. I paesi che pensano di potersi emancipare un po’ dal corsetto dei parametri, sono stati richiamati all’ordine dalla Germania. Parigi e Roma hanno difatti ricevuto indirettamente una lettera da Berlino – spedita al nuovo commissario agli affari monetari Pierre Moscovici, a Pier Carlo Padoan per la presidenza semestrale italiana, a Jyrki Katainen e a Jeroen Dijsselbloem, presidente dell’Eurogruppo – che chiede a Bruxelles (senza citare i colpevoli) di rafforzare i controlli sugli stati che non rispettano le regole. La lettera, spedita il 20 ottobre, è firmata da Wolfgang Schäuble, ministro tedesco delle finanze, e anche dal socialdemocratico Sigmar Gabriel, responsabile dell’economia nel governo Merkel. Il testo è stato rivelato da Spiegel lunedi’. Berlino vuole “migliorare il semestre europeo”, cioè il sistema di coordinamento delle politiche economiche, con le raccomandazioni di Bruxelles in seguito all’esame delle finanziarie dei paesi membri, a novembre, in base agli impegni presi con il Fiscal Compact, rafforzato dalle regole del Six Pack e del Two Pack. I due ministri tedeschi chiedono alla nuova Commissione di tagliare i fondi europei ai paesi che non rispettano i patti. E questo sistema punitivo dovrà entrare in vigore già a gennaio del prossimo anno. La Germania vuole portare la questione del rispetto dei parametri, “il dibattito sulla necessità delle riforme”, a livello “intergovernativo”, cioè al Consiglio dei capi di stato e di governo. I paesi colpevoli, nell’ottica di Berlino, dovranno venire messi sotto tutela, con un inviato della Commissione che opererà nello stato membro e non più solo da Bruxelles.