Per il pallone italiano è tempo di cambiamenti. E non solo per le prestazioni deludenti della nazionale allenata da Roberto Mancini, che tornerà in campo tra un mese con Ucraina (amichevole) e poi Polonia (Nations League), dando spazio oggi al campionato (si gioca la quarta giornata, Napoli-Fiorentina partita di cartello) e Coppe. La Fifa sembra volersi accollare la risoluzione di uno dei problemi – particolarmente diffuso anche in Premier League -, sedendosi intorno a un tavolo per mettere un freno ai prestiti dei calciatori. Una specie di tetto (massimo otto) per una maggiore equità tra le forze in campo. E una misura per limitare la tendenza dei club di Premier e di Serie A ad acquistare atleti e piazzarli in giro. Anche perché il prestito è divenuto altro, mezzo di pura speculazione. Il requisito fondamentale, ovvero dare minuti e occasioni di crescita agli atleti, è totalmente scomparso. Nelle ultime sessioni di mercato il prestito è stato utilizzato come schermo per realizzare corpose plusvalenze. Nella sessione estiva si è particolarmente distinta l’Inter, che ha ceduto in prestito a titolo oneroso (spesso con diritto di riacquistare il calciatore, la celebre recompra) quasi l’intera rosa della Primavera più volte campione d’Italia per correggere i conti da presentare all’Uefa per il Fair Play Finanziario, con sconosciuti di A ma con potenziale venduti con cospicuo anticipo e il resto a rate. E quindi la Fifa, dopo averne discusso per mesi con altre istituzioni del pallone, dalla FIFPro (sindacato mondiale dei calciatori), il World League Forum ed ex campioni ora con voce in capitolo, da Cafu, Boban, Van Basten, ora è pronta a far passare la norma, che non riguarderebbe gli under 21 cresciuti nella società di appartenenza. Ed è chiaro che sarebbe un segnale forte verso i top club che fanno il bello e il cattivo tempo, ripuliscono il mercato e creando rapporti forti con società di meno peso.

Accade in Italia, da oltre un decennio, con la Juventus anche in questo caso davanti a tutti. In questa stagione sono 28 i bianconeri virtuali ma spediti altrove a giocare o fare panchina, 17 in meno della passata stagione. Un esercito di calciatori, lo scorso gennaio, scriveva La Stampa, erano addirittura 51, tra Serie A, B, leghe inferiori e altri tornei in Europa, mentre per l’Inter dieci in meno, poi la Roma a 27, Napoli a 17, Milan a 11. Ma il trend non conosce pause neppure in Premier League. Ed è il Chelsea che piazza tra la Premier, la Championship (la seconda divisione inglese), altri tornei come Eredivisie (Olanda), Liga, Serie A un pacchetto di 40 calciatori, poi il Manchester City degli sceicchi a quota 28. I Blues e i Citizens, la prova che la formula del prestito è abitudine italiana e della terra di Sua Maestà, assieme prestano dieci atleti in più di tutto il campionato spagnolo, con Real Madrid e Barcellona che tendono piuttosto a impiegare giovani e prospetti nelle seconde squadre.

E sempre nell’ottica di un’operazione trasparenza nel pallone (e se ne sentiva il bisogno, anche in questo caso) la Fifa pensa alla creazione di una stanza di compensazione per ridistribuire l’indennità di formazione e le commissioni degli agenti, oltre a riproporre l’esame di licenza, abolito tre anni fa. In poche parole, un tentativo di arginare la potenza di alcuni procuratori che tirano le fila del mercato a piacimento, da Mino Raiola a Jorge Mendes, il potente manager di Cristiano Ronaldo, Josè Mourinho e altri pezzi grossi che ha portato in poco tempo nove portoghesi, compreso l’allenatore, al Wolverhampton di proprietà cinese, con lo stesso Mendes nel ruolo di advisor per l’acquisto delle quote di maggioranza, prima di diventare il consulente di mercato del club. Un conflitto di interessi che non ha costituito una violazione dei regolamenti, per la federcalcio inglese. E che per fortuna, ma con ritardo, è passato sotto la lente della Fifa.