«Ovviamente per il bilancio dello Stato non esiste nessun problema di cassa»: quando intorno alle 12 arriva, con sensibile ritardo, la smentita del ministero dell’Economia la bufera è già in corso. A innescarla il retroscena del Sole 24 Ore secondo cui, nella riunione dei capidelegazione di mercoledì sera, Roberto Gualtieri aveva fatto capire al di là di ogni possibile equivoco che senza accedere al Mes si porrà presto un problema urgentissimo: le casse dello Stato a secco, quindi guai di ordine eccezionale come il pagamento delle pensioni.

LA LEGA CI VA A NOZZE. «Gualtieri è irresponsabile o incompetente», affonda la lama per primo Bagnai. «Se ci fossero problemi di cassa lo spread sarebbe molto più alto e le aste non andrebbero così bene. Ma se anche fosse vero farlo sapere ai mercati non sarebbe certo una buona idea», prosegue l’economista della Lega che ipotizza piani contorti. Il ministro cercherebbe di provocare proprio lui la crisi di liquidità per poter accedere al Mes. Funambolico. Salvini è più sbrigativo: «Fa gli interessi della troika e non dell’Italia». I 5S si scagliano contro il Mes ripetendo in coro, a partire da Crimi, che non serve e che non c’è nessun problema di liquidità. E come potrebbe sussistere con 209 miliardi promessi e la possibilità di usare il deficit come un bancomat inesauribile? Le frecciate contro il prestito sono in realtà indirizzate contro il ministro e l’ira dei pentastellati è pienamente condivisa da palazzo Chigi, anche se il premier evita di esporsi e preferisce un gelido silenzio.

NEL FRACASSO GENERALE scivola in secondo piano una dichiarazione del commissario Ue Gentiloni che riguarda da vicino la faccenda. Gentiloni ripete che il Mes va preso e sin qui nulla di nuovo. Aggiunge però un particolare fondamentale: i soldi del Recovery non arriveranno prima della seconda metà del 2021.

Non è un lasso di tempo lungo. È un’eternità. La nota dolente è tutta lì: per farcela sino a un traguardo così lontano bisognerebbe stressare più che mai il debito pubblico ma questo, per il Mef, non si può fare. O almeno non con la leggerezza ipotizzata dalle vispe terese pentastellate.

Il prossimo scostamento di bilancio, che la destra non voterà senza aperture tangibili da parte di Conte ma che dovrebbe passare per un soffio comunque il 29 luglio, è alto: 25 miliardi, la cifra massima tra quelle ipotizzate. Impossibile fare diversamente senza rischiare una grave crisi sociale in settembre. Così però il debito arriva a superare il 157% del Pil, a un passo dal confine del 160 , oltre il quale la situazione diventerà ad alto rischio nonostante gli interventi provvidenziali della Bce.

IL FATTORE TEMPO è dunque essenziale e le previsioni di Gentiloni non sono confortanti. La Commissione ha deciso di istituire una sua task force incaricata di “assistere” gli Stati nella preparazione dei Piani nazionali di riforma: «I soldi vanno spesi bene», dichiara la presidente van der Leyen. L’analisi insomma sarà accurata e il tutto richiederà mesi. Ci sono alcune variabili: il possibile calo ulteriore dello spread grazie all’accordo europeo, che alleggerirebbe il carico sul debito italiano, e le entrate tributarie, che il ministero ha deciso di non sospendere proprio perché di quei soldi lo Stato non può in questo momento fare a meno.

Ma sulla possibilità di arrivare alla seconda metà del 2021 senza ricorrere a ulteriori aiuti immediati, cioè al Mes nessuno, forse neppure i 5S, oggi scommetterebbero a cuor leggero.

SOLO CHE CONTE non può fare a meno di considerare un veto dei 5S che appare ancora ferreo. Il segnale lanciato dai pentastellati votando con la Lega e FdI contro il Mes (e contro il resto della maggioranza) nell’Europarlamento è stato tanto limpido quanto minaccioso. In queste condizioni i ministri direttamente coinvolti devono continuare a dire e non dire, come ha fatto Speranza chiedendo di fatto l’uso del Mes però con formula obliqua, oppure dicendo (o almeno facendo capire) e poi smentendo come ha fatto Gualtieri. Col rischio di sfiorare il disastro come è successo ieri.