Mentre la delegazione del Pd sale al Colle per la seconda volta a ripetere la linea di collaborazione «ma da minoranza parlamentare», leggasi «opposizione», alcuni autorevoli dirigenti sono riuniti in un seminario a porte chiuse per l’analisi del voto che il Nazareno si è ben guardato dall’organizzare.

Sono stati invitati da Massimo D’Alema in occasione del nuovo numero di Italianieuropei (il suo intervento è stato anticipato dal manifesto del 10 aprile).

E così insieme a Bersani, Errani, Bassolino, Grasso e Fratoianni si ritrovano Nicola Zingaretti, Sergio Chiamparino, Luigi Zanda, Gianni Cuperlo. Andrea Orlando all’ultimo momento dà forfait.

«Un occasione di riflessione comune sul voto», minimizzano i presenti. Ma non è poco. Anche per D’Alema oggi il compito di tutti è «ricostruire il centrosinistra, cercando di imparare dalla sconfitta del 4 di marzo». E qui tutti, dem e non, criticano la linea dell’isolamento del Pd e «il disastro di non avere un iniziativa politica per evitare che si saldi l’asse Lega-5stelle». Bassolino a un certo punto sbotta: anche Bordiga avrebbe partecipato ad incontri istituzionali.

INTANTO DALLO STUDIO alla Vetrata Di Maio continua a rivolgersi a Martina e ai suoi: «Ho apprezzato l’apertura da parte di autorevoli esponenti del Pd ma è chiaro che in questo momento il Pd è fermo su posizioni che non aiutano». Visto l’empasse in cui sono finiti i 5 stelle, al Nazareno si aspettano che presto il pressing su di loro ricomincerà. Intanto, in parallelo con il nuovo giro di consultazioni al Colle il Pd tiene le sue consultazioni interne per trovare un segretario. E, fatte le dovute proporzioni sulle urgenze del paese, le difficoltà non sono minori di quelle che si incontrano al Quirinale.

IERI A PALAZZO è circolata la voce secondo la quale i renziani stessero tentando una mediazione con il reggente Martina: all’assemblea nazionale del 21 aprile una elezione a «segretario a tempo» per «traghettare» il Pd al congresso, da convocare a dicembre per svolgere le primarie entro il febbraio del 2019, e cioè in tempo per avere poi un segretario un altro – nella pienezza del suo mandato alla vigilia delle Europee.

LA PROPOSTA sarebbe arrivata dopo il tentativo di convincerlo a rimandare l’assemblea di qualche settimana, con la scusa del protrarsi dell’incertezza sulla nascita di un governo. Ma Martina resiste all’una e all’altra ipotesi: non è d’accordo a rimandare l’assemblea. Se sarà eletto, ha spiegato, non sarà un segretario a termine. E da segretario resterà convinto che per rilanciare il partito non si possono fissare termini ravvicinati per le primarie.

Il coordinatore del Pd Lorenzo Guerini smentisce tutta la trattativa: «Nessuna offerta a nessuno, sarà l’assemblea a decidere se eleggere un nuovo segretario o se andare a congresso», dice ai cronisti in Transatlantico.

RESTA IL FATTO che il «reggente» regge sempre di meno. La maggioranza valuta di proporre di indire il congresso: in questo caso decadrebbero tutti gli organismi dirigenti e resterebbe in carica il presidente Orfini, insieme alla direzione, per prassi. Però così sarebbe «molto complicato» rallentare il congresso fino a dicembre, spiega un dirigente renziano. Ma non impossibile.

Del resto anche le minoranze avvertono Martina che il loro è un appoggio condizionato «all’apertura di una fase nuova». Una missione impossibile per chi deve esser garante anche di Renzi e dei suoi.

IN POCHE SETTIMANE Martina si è messo nella condizione di rischiare di perdere l’appoggio dei renziani e degli anti renziani. I primi si fidano sempre meno: quando il pressing per la disponibilità ad appoggiare il governo tornerà a sentirsi, sarà in grado di tenere la linea dell’opposizione? I secondi sono disponibili a ingoiare qualche rospo, ma non a dare l’idea che tutto continui come se Renzi fosse ancora al suo posto.

NEL FRATTEMPO il partito è in un continuo stato di fibrillazione. Ogni giorno la sua pena. Mercoledì l’appello di 500 donne contro il gruppo dirigente che ha «usato» le pluricandidature per eleggere gruppi parlamentari in prevalenza maschili. Ieri è arrivato il ricorso di un gruppo di ex parlamentari esclusi dall’assemblea nazionale. Alla fine tutti vengono invitati ad assistere all’assemblea. «Grata della magnanimità», replica Sandra Zampa, ex portavoce di Prodi, «ma quando un partito tratta così i propri ex dirigenti, persone che lo hanno reso più ricco, che lo hanno promosso e sostenuto, non ha un grande futuro davanti sé».