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Preso Dell’Utri, era a Beirut

Preso Dell’Utri, era a BeirutMarcello Dell'Utri

Mafia L’ex senatore tradito da cellulare e dalla carta di credito. Era in un hotel a 5 stelle

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 13 aprile 2014

Si è fatto prendere come un principiante. Se le notizie in arrivo da Beirut saranno confermate, la cattura di Marcello Dell’Utri si deve a una serie di errori madornali che hanno permesso agli investigatori italiani, che già erano sulle sue tracce, di arrivare fino a lui. Il 3 aprile scorso, quando già si trovava da alcuni giorni nella capitale libanese, l’ex senatore del Pdl ha pagato con la sua carta di credito il conto di un albergo. E come se non bastasse lo stesso giorno ha acceso il cellulare sul quale avrebbe ricevuto alcune chiamate. Sono bastate queste due tracce agli investigatori della Dia di Palermo per capire di essere sulla pista giusta e che, forse, la caccia stava ormai finendo. Certo, non c’era ancora la certezza che a usare carta di credito e cellulare fosse stato proprio il fondatore di Forza Italia, ma la pista alla fine si è rivelata quella giusta.
Marcello Dell’Utri è stato fermato ieri mattina quando in Italia erano le 9,30 e a Beirut le 10,30 in una stanza dell’ Intercontinental Phoenicia, uno degli esclusivi hotel a cinque stelle di Beirut che si affaccia sul porto turistico della città. Quando gli agenti della polizia libanese hanno fatto irruzione nella sua stanza insieme agli uomini della Dia e dell’Interpol, Dell’Utri era da solo e si trovava a letto. Oltre al passaporto è stato trovato in possesso anche di una notevole quantità di denaro in euro. L’ex senatore è stato trasportato prima negli uffici della polizia libanese e da quei in quelli, ben più protetti, in cui ha sede la Direzione generale delle forze di sicurezza interne, i sevizi libanesi, dove però non è stato interrogato e dove ancora si trova in attesa che vengano sbrigate le procedure per la sua estradizione in Italia. Ad assisterlo c’è un funzionario dell’ambasciata italiana a Beirut.
A dare l’annuncio del suo arresto in Italia è stato ieri mattina il ministro degli Interni Angelino Alfano durante il congresso in corso a Roma del Ncd, mentre il ministro della Giustizia Andrea Orlando, che si trovava a Torino per l’inizio della campagna elettorale del Pd per le europee, ha immediatamente fatto rientro a Roma per avviare la procedura di estradizione. Tra Italia e Libano esiste infatti un accordo bilaterale in vigore dal 1975.
Martedì la Corte di Cassazione dovrà decidere sulla condanna a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa dell’ex senatore. Ma intanto la sua fuga non può non suscitare qualche domanda, a partire dalle rete di complicità che l’avrebbe favorita. Perché, infatti, chi ha aiutato l’ex senatore non gli ha fornito un cellulare e una carta di credito puliti, grazie ai quali non sarebbe stato rintracciato? Stando a quanto affermato dal fratello Alberto, Dell’Utri a Beirut potrebbe godere di appoggi politici pesanti, come quello dell’ex presidente Amin Gemayel o dell’ex premier Michel Aoun, che però non avrebbero potuto o voluto garantirgli la sicurezza che cercava. E poi: perché tra tanti paesi che avrebbero potuto rappresentare un rifugio più sicuro, Dell’Utri ha scelto proprio il Libano, Paese con cui l’Italia ha stipulato un trattato bilaterale che consente di farlo rientrare in patria? Ieri il legale di Dell’Utri, l’avvocato Giuseppe Di Peri, è partito propri da quest’ultimo punto per sostenere che quella dell’ex senatore non è stata una fuga. «L’eventuale esistenza di un trattato per l’estradizione è la prova che non c’è stato alcun piano relativo al suo allontanamento», ha detto il legale che nei giorni scorsi ha spiegato la partenza del suo assistito come un’esigenza legata a a motivi di salute.
Numerose le razioni alla notizia dell’arresto. Tra i primi a esprimere soddisfazione c’è stato il sostituto procuratore generale di Palermo Luigi Patronaggio: «Nonostante la forte pressione mediatica che talvolta rischia di vanificare il nostro lavoro e quello delle forze di polizia che ci collaborano, – ha spiegato – ritengo che, in sinergia con la Dia e l’Interpol, con l’arresto di Dell’Utri abbiamo ottenuto un ottimo successo operativo». Era stato Patronaggio a chiedere più volte alla Corte d’Appello di Palermo il divieto di espatrio prima e l’arresto dopo, ma soltanto il 7 aprile i giudici hanno accolto la richiesta di arresto. «Attendiamo adesso con serenità l’esito del processo in Cassazione», ha aggiunto Patronaggio. Per Fiammetta Borsellino, figlia del magistrato ucciso, «oggi è una giornata che mostra la parte migliore delle istituzioni. Non come ieri, quando sono stata presa dallo sconforto nel vedere latitante Marcello Dell’Utri,

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