Il 21 marzo 2011, Berlusconi, ancora per pochi mesi premier, venne a Torino per sostenere la candidatura a sindaco di Michele Coppola. Scuro in volto, fu accolto dai fischi del presidio «No Berlusconi Night» organizzato da diverse associazioni, dal Popolo Viola ai centri sociali e i sindacati di base. In quei giorni il Rubygate era sempre più imbarazzante e le bombe cadevano sulla Libia. In piazza ci furono scontri tra manifestanti e forze dell’ordine. L’eco durò poco.

Giovedì, se n’è tornato a parlare, perché si è concluso il processo a carico di alcuni attivisti accusati a vario titolo di resistenza e lesioni. E l’esito ha qualcosa di eclatante per l’entità delle condanne: quattordici anni in tutto. Sette condanne e un’assoluzione. Pene più alte rispetto a quelle richieste dal pm Rinaudo. La maggiore è di 5 anni e due mesi inflitta a Giorgio Rossetto, storico militante di Askatasuna e No Tav. «Pene inaccettabili. Una sentenza unica per Torino, forse per l’Italia, relativa tra l’altro a un episodio dove le lesioni furono minime. Ricorreremo in appello» commenta il legale Roberto Lamacchia. Basito l’avvocato Claudio Novaro: «È in atto uno scivolamento del diritto penale dal fatto in sé all’autore.

Rispetto a quello che l’imputato ha commesso, si è privilegiato chi sia». Rossetto fu uno degli arrestati nel blitz contro i No Tav del 26 gennaio 2012, in riferimento agli incidenti del 3 luglio 2011. Ha passato alcuni mesi in carcere a Saluzzo, in attesa di giudizio.
Come andò, invece, quella sera di marzo a Torino? Ci fu un presidio vivace a Porta Nuova, poi i manifestanti si avvicinarono all’hotel Principi di Piemonte, dov’era atteso Berlusconi. Lo spezzone dei centri sociali, bloccato in via Roma, tentò di passare da via Buozzi, dove la polizia era schierata in assetto antisommossa. Al lancio di oggetti seguì una carica. «Rossetto è accusato di violenza a pubblico ufficiale perché – spiegano gli avvocati – scaricò il contenuto di un estintore verso un agente, macchiandone la divisa». Due poliziotti, dopo gli scontri, riportarono lesioni. «Ci stupisce – sottolinea Lamacchia – questo atteggiamento di particolare rigore nei confronti del dissenso sociale a Torino come in Val di Susa. Hanno conteggiato a Rossetto in modo pesante l’aggravante di recidiva reiterata». Tre anni e tre mesi di reclusione, invece, a Ennio Donato, che era finito in carcere qualche giorno a luglio, dopo i disordini in Val Susa. Pene minori per gli altri imputati.

I compagni dei militanti hanno commentato su Infoaut: «Il tribunale di Torino ha asseverato una realtà ormai incontestabile. Il dissenso sociale va criminalizzato e perseguitato». Ma, scrivono, «la determinazione di chi vive le piazze è amplificata poiché tanta è la voglia di interrompere il “teatrino”. Una classica manifestazione di contestazione a un premier imbarazzante in un paese in piena crisi economica diventa il mezzo per una condanna esemplare».