Iniziano oggi, con un presidio a Roma davanti alla sede della Fao, dalle 11 alle 13, le mobilitazioni internazionali contro il pre-Vertice Onu sui sistemi alimentari che avrà luogo dal 26 al 28 luglio, in preparazione del Vertice vero e proprio (Unfss) previsto per settembre a New York e che, per il segretario generale delle Nazioni unite Guterres, è un «incontro dei popoli, vertice delle soluzioni che vedrà insieme giovani, agricoltori, popoli indigeni, società civile, ricercatori, settore privato, leader politici, ministri».

In realtà, per la prima volta un vertice Onu sul cibo è co-organizzato dal Forum economico mondiale di Davos (Wef), organismo privato che riunisce le grandi corporations. La Fao non gestisce l’evento, mette solo a disposizione gli spazi. La rappresentante speciale del Vertice, nominata nel 2020, è Agnes Kalibata, presidente dell’Alleanza per la rivoluzione verde in Africa (Agra) creata da due mega-fondazioni, Rockefeller e Bill & Melinda Gates: un segno dei tempi. Davanti al ruolo pervasivo delle multinazionali agroindustriali e delle catene globalizzate del valore, ecco dunque il boicottaggio popolare attivo, avviato da un migliaio di organizzazioni internazionali e regionali, associazioni di piccoli produttori (il sindacato internazionale La Vía Campesina, organizzazioni socie in ottanta paesi), comunità indigene, esperti.

Il Vertice co-promosso dal Wef puntava, fin dal primo documento pubblico, sull’agricoltura di precisione, sulla raccolta di dati, sul digitale, sull’ingegneria genetica. Secondo il contro-vertice, è un’idea di innovazione ristretta che ignora l’agroecologia e le conoscenze indigene, è inaccessibile ai piccoli produttori ed è incapace di affrontare le ingiustizie strutturali, la rapina delle terre, l’abuso di potere, la fame e l’obesità. E la crisi economico-sociale legata alle misure anti-pandemiche, che ha aggiunto 320 milioni di persone ai malnutriti della Terra (da 2,05 a 2,37 miliardi), ha facilitato «una ulteriore concentrazione di potere nelle mani di poche imprese transnazionali in settori chiave come le sementi, gli allevamenti industriali, le monocolture che hanno imposto la standardizzazione delle diete e l’utilizzo indiscriminato di ingredienti da queste derivate», spiega Paolo Venezia di Terra Nuova.

Invece, «la chiave per il diritto al cibo e le diete sane e sostenibili risiede nel ricollegare l’atto di consumo con quello della produzione, nella centralità dell’agricoltura locale contadina e dei territori. Purtroppo mega-attori economici continuano a ricevere ingenti finanziamenti pubblici e incentivi nel nome dello sviluppo sostenibile. Ma questa versione rassicurante di un nuovo capitalismo green non convince nessuno», commenta Stefano Prato, uno dei facilitatori del Meccanismo della società civile e dei popoli indigeni (Csm), che dal 2009 lavora nell’ambito del Comitato per la sicurezza alimentare (Cfs) istituito in seno alla Fao: «Cfs e Csm sono stati bypassati da questo Vertice che dall’inizio ha escluso molti attori», afferma un appello di scienziati.

Il programma della «contro-mobilitazione popolare», dal 25 al 28 luglio, si trova online: csm4cfs.org e https://www.foodsystems4people.org/take-action-2/).