I risultati delle elezioni portoghesi di domenica scorsa hanno sostanzialmente confermato grande parte di quanto pronosticato dai sondaggi. Nessuna sorpresa insomma, con la rielezione del presidente uscente il conservatore Marcelo Rebelo de Sousa che si afferma già al primo turno con più del 60% dei voti.

PER FORTUNA anche per quel che riguarda il secondo posto, l’unica vera incognita, le previsioni della vigilia non sono state disattese. La socialista Ana Gomes – che ricordiamo non era appoggiata dal suo partito – riesce ad arrivare, se pur a una certa distanza, dietro Rebelo de Sousa con il 12,97%. Il leader della formazione populista Chega André Ventura ottiene invece solo il terzo posto con l’11,7% ed è quindi costretto ad ammettere il mancato raggiungimento dell’obiettivo e, in un gesto poco più che simbolico, rimette il mandato ai militanti del suo partito. Per gli altri candidati non c’è stata invece partita: João Ferreira del Partido Comunista Português (Pcp) raccoglie il 4,32% e Marisa Matias del Bloco de Esquerda (Be) il 3,95%.

Fortissima anche se meno del previsto, l’astensione: ha votato appena il 40% degli aventi diritto. Nulla di cui stupirsi in realtà. Intanto perché l’astensione è tradizionalmente molto alta, dopodiché occorre anche tenere in considerazione il clima in cui si è votato. Tra i rischi pandemici, le code lunghissime e il fatto che queste elezioni avessero poco da dire è già tanto che i livelli di partecipazione non siano stati ancora più bassi.

CHIUSE LE URNE comincia ora una partita a scacchi molto complessa perché al momento il dibattito politico si concentra quasi esclusivamente su Chega. Ventura sa perfettamente che i militanti non accetteranno mai di sostituirlo e infatti le sue parole conclusive della lunga nottata elettorale sono tutt’altro che improntate alla sconfitta: «È una notte storica in cui, per la prima volta, un partito dichiaratamente antisistema è riuscito a perforare il muro della destra tradizionale».

Incassato anche l’appoggio ufficiale di Matteo Salvini, ora Ventura lancia il prossimo obiettivo: il 15% alle prossime elezioni legislative e governare insieme al Partido Social Democrata (centro-destra Psd).

 

André Ventura (Chega) al seggio (Ap)

 

UNA PARTITA A SCACCHI dicevamo. Molte cose convergono al successo di Chega: la crisi della destra conservatrice tradizionale, la mediatizzazione del politicamente scorretto e più in generale un senso di spaesamento e di paura.

Ma anche la narrativa del mostro finisce per contribuire a quella che potrebbe diventare una previsione che si auto avvera. E così, anche se l’obiettivo di Ventura non è stato raggiunto, Chega finisce paradossalmente e in qualche modo artificialmente per essere considerato comunque il grande vincitore di questa tornata.

Esiste certamente un tema di fondo: le destre populiste, in quello che è un processo non sempre lineare, mostrano una grande capacità di generare consenso, sanno cosa vogliono e dove vogliono andare. Soprattutto sanno usare molto bene la comunicazione e gli strumenti di microtargeting (anche se il primo a farlo era stato Barack Obama).

 

 

Sotto certi aspetti, anche se con varie limitazioni, sono uniti, con programmi politici simili: iper-liberismo in economia, autoritarismo di stato, identitarismo cristiano e sovranismo. I loro avversari per paura finiscono per giocare la partita dell’egemonia nel campo definito dai populisti invece di imporre i propri temi.

GRANDE PARTE DEL GIOCO comunicativo lo si fa lanciando epiteti fortemente controversi, come quando Ventura ha contestato il rossetto rosso di Marisa Matias. Una frase maschilista che ha scatenato la campagna divenuta poi virale del batom vermelho in cui usare il rossetto rosso era un modo per manifestare solidarietà alla leader del Be ma allo stesso tempo farlo significava discutere di Ventura e non delle proposte della sinistra che sono passate in secondo piano. Non è un caso che i risultati più deludenti di queste elezioni siano stati proprio quelli della Matias. E poi basta scorrere i social network, la grande parte del dibattito è su Ventura, pro o contro e sulla sconfitta della sinistra.

 

Marisa Matias (Be)

 

MOLTO È UNA QUESTIONE di percezione: diceva Andreotti che non è importante come se ne parla, ma che se ne parli. Il rischio quindi è quello che si cominci a fare battaglie di retroguardia e di disperdere così i consensi che sondaggi molto recenti sembrerebbero ancora attribuire ai partiti dell’ala progressista alle prossime legislative e che sommati arrivano quasi al 60%.