Nello scontro tra integralismo religioso e laicità che ha dominato il secondo turno delle presidenziali di domenica in Costa Rica, è stata la difesa dello Stato laico ad avere nettamente la meglio.

È così che si spiega la vittoria (60,7% contro 39,3%) di Carlos Alvarado del Pac (Partido Acción ciudadana) sul suo omonimo avversario, il predicatore evangelico e cantante di musica cristiana Fabricio Alvarado, del partito di destra Pren (Partido Restauración Nacional).

Non che sia chissà quale buona notizia l’affermazione del candidato governativo, appena 38enne, già ministro del lavoro e della sicurezza sociale nel governo uscente: se con la vittoria di Luis Guillermo Solís alle presidenziali del 2014 il Pac, riconducibile grosso modo al centro-sinistra, aveva suscitato grandi speranze di cambiamento – se non altro per aver messo fine all’egemonia dei due partiti tradizionali (il Partido de Liberación nacional e il Partido Unidad social cristiana) – le aspettative sono andate presto deluse.

In un paese considerato generalmente un modello di democrazia, stabilità e prosperità economica, ma in realtà segnato da livelli crescenti di violenza e di disuguaglianza sociale, il governo Solís, rivelatosi più conservatore di quanto inizialmente previsto, ha lasciato inalterati i privilegi dell’oligarchia, dando continuità alle politiche neoliberiste ed estrattiviste e incorrendo per di più in casi di corruzione.

Ma l’alternativa a Carlos Alvarado è apparsa alla popolazione del Costa Rica ben più pericolosa, considerando anche il clima dominante in campagna elettorale, svoltasi nel segno della manipolazione politica dei sentimenti religiosi, di una confusione profonda tra credo religioso e diritti di cittadinanza e di un’atmosfera di intolleranza e isteria collettiva. Oltre che dello spauracchio di un quanto mai vago socialismo del XXI secolo, sbrigativamente liquidato come comunismo.

Ferreo oppositore del matrimonio omosessuale, dell’educazione sessuale laica impartita nelle scuole, dell’aborto, di tutto ciò che suona come questione di genere, il predicatore evangelico era salito nei sondaggi sfruttando a suo favore la sentenza con cui, lo scorso 9 gennaio, la Corte interamericana dei diritti umani, interpellata dallo stesso governo, ha sancito l’obbligo di garantire alle coppie omosessuali tutti i diritti, compreso quello al matrimonio, assicurati a quelle eterosessuali.

Una sentenza contro cui si sono scagliate le diverse chiese pentecostali o neopentecostali fiorite nel paese centroamericano negli ultimi 30 anni, facendosi gradualmente spazio non solo nei quartieri poveri e in quelli della classe media, ma anche all’interno dell’Assemblea legislativa.

È così che la candidatura presidenziale di Fabricio Alvarado, sotto la spinta pentecostale, aveva registrato una crescita esponenziale dei consensi, fino alla conquista del ballottaggio. Per poi infrangersi contro la scelta della laicità da parte della maggioranza degli elettori del Costa Rica.