Oggi, 17 dicembre, inizia ufficialmente la campagna elettorale tra i 5 candidati ritenuti idonei dall’Autorità Nazionale Indipendente per le Elezioni (Anie) per le prossime presidenziali in Algeria, previste per il 12 dicembre.

Per il 39° venerdì consecutivo, l’hirak – movimento di protesta popolare – ha manifestato in maniera massiccia in tutto il paese per richiedere un cambiamento radicale del sistema e un rinnovamento della classe politica. «Queste elezioni saranno le più importanti dopo l’indipendenza…..per l’alto tasso di astensione» scandiva la folla, aggiungendo: «No all’ennesima imposizione del regime che tenta di rigenerarsi con 5 “figli” del sistema».

Tra i cinque candidati, infatti, ci sono figure che rappresentano i nomi della vecchia nomenclatura come Ali Benflis, il 75enne leader dal partito Talaie al Hurriyet, anziano primo ministro, o come Abdelmajid Tabboune diverse volte ministro e premier nel 2017 sotto la presidenza di Abdelaziz Bouteflika.

Nella lista rientrano Azzedine Mihoubi, ex ministro della cultura e segretario generale ad interim del Raggruppamento Nazionale Democratico (Rnd), Abdelaziz Belaid, presidente del partito Mustakbal, e Abdelkader Bengrina candidato del partito islamista Movimento della Società per la Pace (Msp), unico esponente politico dei partiti dell’opposizione e di quella compagine che ha deciso, al contrario, per il boicottaggio delle presidenziali imposte dal vero uomo forte del regime, il generale Ahmed Gaid Salah.

«Sebbene alcuni candidati possano avere il beneficio del dubbio, la presenza di Tebboune, un settuagenario con il profilo di un perfetto servitore del regime, o persino di Mihoubi, a capo di un partito del sistema come il Rnd» afferma Noureddine Benissad, avvocato e presidente della Lega algerina per i diritti umani (Laddh) «evidenzia come questo sia l’ennesimo tentativo di salvare un sistema di potere agonizzante, al contrario di quelle richieste dell’hirak che vogliono lo smantellamento totale a favore delle istituzioni di transizione».

«Un’imposizione da parte di Ahmed Gaid Salah – aggiunge Benissad sul quotidiano El Watan – che si aggiunge al crescente clima di repressione e di arresti di questi ultimi mesi». Una spirale di incarcerazioni che ha coinvolto trasversalmente sia numerosi esponenti politici delle vecchia nomenclatura che i rappresentanti politici dell’opposizione, prima fra tutti la segretaria generale del Partito dei lavoratori (Pt), principale partito della sinistra algerina, Louisa Hanoune. Arresti e fermi che stanno aumentando progressivamente, riporta la Ladhh, e che colpiscono dai semplici cittadini che protestano – 22 persone incarcerate per “attentato alla nazione” perché portavano bandiere berbere questo giovedì – ai giornalisti che venerdì denunciavano le «pesanti indimidazioni e minacce contro la stampa».

Proteste di piazza che si uniscono a quelle della magistratura algerina. Il Sindacato nazionale dei magistrati (Snm) richiede, infatti, le dimissione del ministro della Giustizia, Belkacem Zeghmati, e rivendica, in questa fase di transizione, «l’indipendenza del potere giudiziario, visto che la battaglia dei magistrati è diretta contro l’intrusione del potere esecutivo nella gestione della giustizia» come affermato dal presidente della Snm, Mabrouk Issaad.

Secondo Benissad in tali condizioni la domanda è: «Come sperano questi candidati di condurre la campagna elettorale, in un contesto di fermento sociale, proteste e grave crisi economica?». «La nostra risposta rimane sempre la stessa» conclude il presidente della Laddh, «una transizione politica e indipendente che favorisca la nascita di una nuova Algeria».