Lo sciopero degli scrutini è confermato. I sindacati della scuola non escludono altre azioni di protesta. È stato questo il risultato del quarto incontro fallimentare con la ministra dell’Istruzione Stefania Giannini. Il governo conferma i super-poteri del preside sulla chiamata diretta dei docenti. Questa figura deciderà sull’erogazione di un modesto «bonus» da 200 milioni annui al 5% dei docenti, ovvero circa 14 mila euro ad istituto. Giannini ha inoltre aperto alla possibilità di modificare il sistema della valutazione, in particolare la composizione della commissione formata da docenti, genitori e studenti che dovrebbero dare un parere consultivo sulla valutazione del docente «meritevole». La soluzione approvata alla Camera dev’essere sembrata talmente surreale da spingere il governo ad un’ipotesi di modifica per renderla più «oggettiva». Si pensa di vincolarla al collegio docenti, ma sullo sfondo resta l’ombra onnipotente del preside.

Durato poco più di un’ora, l’incontro ministeriale di ieri ha lasciato insoddisfatti Flc Cgil, Cisl e Uil Scuola, Snals e Gilda. «L’unilateralità introdotta con la figura del super-preside rispecchia quella adottata da Renzi e dai membri del suo governo» sostiene Marco Paolo Nigi (Snals). «Non c’è stata alcuna apertura sul precariato e neppure sui presidi – aggiunge Francesco Scrima (Cisl Scuola) – unico spiraglio sulla valutazione dei docenti. Resta confermato lo sciopero degli scrutini». «Va previsto un piano pluriennale di assunzioni per i precari con oltre tre anni di servizio e abilitati a copertura dei posti esistenti” ha detto Massimo Di Menna (Uil). «Non c’è la possibilità di una mediazione con il governo» conferma Rino Di Meglio (Gilda).
“Grande èla distanza tra le consuete frasi di rito e la scuola reale che non accetta più di essere umiliata – ha detto Domenico Pantaleo (Flc-Cgil) – Ai senatori, a cui spetta l’esame del Ddl, chiediamo un atto di responsabilità per un cambiamento profondo del testo impresentabile uscito dalla Camera». I Cobas, che hanno attaccato Giannini per l’esclusione dall’incontro, «appoggeranno le decisioni degli insegnanti in lotta, dal basso, dopo i due giorni di blocco già convocati». Giovedì 28 maggio, dalle 19, sono previsti flash mob in tutto il paese, da piazza di Spagna a Roma a piazza Castello a Torino, da piazza Dante a Napoli all’Arco della Pace a Milano. Insegnanti e famiglie sono stati invitati a vestirsi di rosso e a portare un libro in piazza. Confermate le fiaccolate in tutte le città venerdì 5 giugno. Nello stesso giorno ci sarà un corteo regionale a Roma. Vendola (Sel) ha annunciato che raccoglierà le firme per abolire la riforma con un referendum.

Le commissioni in Senato inizieranno l’esame del Ddl . «Le audizioni saranno una farsa – sostengono i parlamentari Cinque Stelle – l’apertura del governo è solo di facciata a uso e consumo elettorale in vista delle Regionali». Renzi nel frattempo ripropone il consueto «storytelling»: per lui chi protesta con i sindacati viene catalogato come «conservatore», chi trasforma la scuola pubblica in un’azienda diretta da un manager è un «innovatore». In mezzo non c’è spazio per riconoscere le ragioni autonome della protesta. Il governo si dice disposto a «dialogare» con le famiglie e i docenti, ma non sugli argomenti contestati. Renzi ribadisce l’argomentazione singolare per cui, a differenza dell’Italicum dove ha deciso di imporre la sua volontà, sulla scuola vuole ascoltare tutti. E dunque nessuno. «Il governo fa finta di dialogare- conferma Fassina (Pd) – non può funzionare un intervento non condiviso dalla maggioranza di chi lo farà vivere quotidianamente».

In risposta ad alcuni precari che lo hanno contestato ieri a la Spezia Renzi ha aggiunto un dettaglio alla sua strategia discorsiva: «Nessuno può pensare che sia possibile assumere tutti. L’obiettivo della scuola non è assumere tutti quelli che sperano di entrare, ma quello di fornire un servizio ai cittadini». Quel «servizio» chi è abilitato e lavora da più di tre anni lo fornisce da tempo. La riforma Renzi-Pd lo licenzia, costringendolo a fare un nuovo concorso nel 2016. Chi non lo vince, resterà disoccupato.