Nelle ottanta fitte pagine presentate ieri in via dell’Umiltà a Roma, il Rapporto Ombra di venticinque associazioni di donne, sull’applicazione della Convenzione di Istanbul in Italia prosegue il lavoro politico che Di.Re. (Donne in Rete contro la violenza) ha messo in essere sui territori. L’occasione di questo corposo dossier è la visita del Gruppo di Esperte sulla Violenza contro le donne (GREVIO) del Consiglio d’Europa saranno in Italia dall’11 al 21 marzo per monitorare e confrontare (attraverso alcune visite mirate) quanto il governo del nostro paese sta facendo in tema di prevenzione e contrasto alla violenza contro le donne.

Ratificata nel 2013 in Italia, la Convenzione di Istanbul è un testo tra i più preziosi e completi relativamente alla lotta contro la violenza maschile sulle donne e ciò nonostante, secondo il Report presentato ieri, in larga parte disatteso. In particolare da un punto di vista legislativo, nella misura in cui in materia non vi è una implementazione efficace che produce ancora troppi impedimenti e ostacoli per donne e bambini. Il Rapporto individua le cause nella carenza di percorsi didattici, nelle scuole, atti al superamento della visione sessista e ruolizzata; la disomogeneità dei fondi assegnati a centri antiviolenza e case rifugio; c’è un generale «problema dell’accesso alla giustizia per le donne vittime di violenza, le criticità nel procedimento penale, ma soprattutto in ambito civile la sempre più devastante interpretazione della regolamentazione dell’affidamento figlie/e nei casi di violenza». Tuttavia, più che l’aspetto penale, ciò che emerge dal dossier di Di.Re. è l’importanza di un riconoscimento che andrebbe fatto costantemente alle associazioni di donne, dovrebbero non solo essere ringraziate viste le condizioni spesso precarie in cui lavorano, ma anche coinvolte come soggetti imprescindibili ai tavoli decisionali che si occupano di violenza maschile contro le donne. Il loro non è un contributo tra i tanti ma il polso di una situazione grave e seria in cui – come ha ricordato Paola Sdao del Centro Lanzino di Cosenza – il 31,5% di donne tra i 16 e 70 anni è vittima di violenza fisica o sessuale e che a commettere quelle più gravi sono partner o ex partner – responsabili anche del 62,7% degli stupri commessi.

I tre Piani di azione nazionali del governo italiano (il primo del 2011, il secondo 2014-2017 e il terzo 2017-2020) non danno risposte adeguate, sia per la mancanza di previsione e stanziamento sia per la mancanza degli impegni per Ministeri e Regioni. A questo si aggiunga la frammentarietà dei dati delle Forze dell’ordine e giudiziarie, così come quelli delle fonti socio-sanitarie che vanno a corredare la pressochè totale assenza di un sistema integrato di rivelazione dei dati, fondamentale da avere presente rispettando l’anonimato delle donne. Le lacune sono molte, in attesa della visita delle «Esperte» del Consiglio di Europa che però troveranno ad attenderle un grande lavoro fatto da parte dei centri antiviolenza. Anxche questa una esperienza oreziosa, irrinunciabile.