Divisi dalla prescrizione, ma uniti dalla legge elettorale. In tv (Otto e mezzo) il segretario del Pd Zingaretti offre un resoconto radioso del suo recente incontro con Di Maio: «Abbiamo parlato della necessità di aprire una fase nuova per questo governo per riaccendere i motori dell’economia, è stato molto utile». Ma quando affronta il merito delle questioni non può nascondere i problemi. Sulla giustizia, innanzitutto, alla vigilia del vertice che dovrebbe essere decisivo dopo una serie di incontri inutili. «Non sono assolutamente d’accordo con i 5 Stelle sulla prescrizione», dice Zingaretti. «Penso che debbano scendere a compromessi come abbiamo fatto noi quando abbiamo accettato la riduzione dei parlamentari. In Italia oltre al “fine pena mai” non può esserci il “fine processo mai”».

L’incontro tra i responsabili giustizia della maggioranza e il ministro Bonafede ci sarà domani alla presenza del presidente del Consiglio. In assenza di accordo il Pd minaccia di votare il suo disegno di legge sulla prescrizione processuale, appena depositato, mentre ha già escluso di appoggiare il disegno di legge di Forza Italia che semplicemente cancella la riforma della prescrizione Bonafede – e che potrebbe arrivare in aula assai più presto. Cosa che invece dicono di essere pronti a fare i renziani (oggi intanto scadono i termini per la presentazione degli emendamenti al ddl forzista).

Al vertice di domani Conte, che fino a qui è rimasto in silenzio ad ascoltare le liti tra i grillini e il resto della coalizione, potrebbe presentarsi con una sua proposta di «mediazione». Che salverebbe la riforma Bonafede, continuando a prevedere la fine della prescrizione del reato dopo la sentenza di primo grado (di assoluzione o di colpevolezza), aggiungendo però la prescrizione processuale avanzata dal Pd. Termini massimi di durata per il processo di appello (2,5 anni) e di Cassazione (1 anno), probabilmente con ulteriori proroghe in caso di rinvii ascrivibili alle iniziative delle difese, superati i quali si prescriverebbe non il reato ma l’azione penale: l’esito però sarebbe identico. La soluzione somiglia molto alla proposta Pd che però a tutta prima Bonafede aveva respinto, sostenendo che era un modo per far «rientrare dalla finestra» la prescrizione che, gioiva Di Maio, «abbiamo tolto di mezzo».

Ieri intanto il partito radicale, +Europa e Azione (la formazione di Calenda) hanno tenuto un sit-in a Montecitorio contestando proprio la cancellazione della prescrizione firmata da Bonafede. Il deputato radicale di +Europa Magi ha annunciato un emendamento al decreto mille proroghe con il quale proverà a rimediare ai guasti della riforma grillina.

Musica diversa tra Pd e 5 Stelle sulla legge elettorale. In questo caso Zingaretti – e in un’altra trasmissione tv anche il capo delegazione del Pd al governo, Franceschini – ha confermato che l’intesa con i grillini è stata firmata. Con una giravolta identica a quella compiuta da Renzi, il Pd abbandona la scelta in favore di un modello simil spagnolo e abbraccia il proporzionale a soglia unica nazionale. «Lo sbarramento al 5% è il minimo indispensabile», dice il segretario Pd. Consapevole in questo caso di rompere con l’ala sinistra della coalizione incarnata da Leu. Ma prima di muovere le pedine sulla legge elettorale, i partiti dovranno aspettare il 15 gennaio quando la Corte costituzionale deciderà sull’ammissibilità del referendum pro maggioritario promosso dalla Lega. Il campo di gioco è quello dei prossimi quattro-cinque mesi, l’intervallo di tempo necessario a convocare il referendum confermativo del taglio dei parlamentari. Entro la fine della settimana saranno depositate le firme dei senatori che avanzano la richiesta.