Il «metodo Cartabia» regge anche alla seconda prova. Dopo il primo incontro con i delegatiti dei partiti nelle commissioni giustizia che servì a sminare l’ostacolo prescrizione, la ministra Guardasigilli ha riunito nuovamente i rappresentanti della vasta maggioranza ieri mattina, questa volta in via Arenula. Tavolo largo, anche con i sottosegretari e i presidenti delle commissioni, esito positivo anche perché del merito delle questioni si è parlato pochissimo. Avanti il metodo, appunto: dialogo, confronto e rispetto del parlamento. Le promesse sono state benaugurati. Ma sul tema più delicato, quello della riforma del processo penale, che comprende anche la prescrizione, Marta Cartabia ha chiesto tempo. Molto tempo, visto che ha annunciato la presentazione di emendamenti del governo per la fine di aprile. Nel frattempo la camera, e il senato dov’è in discussione la riforma del processo civile, si fermano e aspettano.

La ex maggioranza giallo-rossa, renziani ovviamente esclusi, ha incassato il fatto che i disegni di legge Bonafede – ce n’è un terzo, di riforma del Csm – non saranno buttati a mare. Anzi la ministra ha espresso l’auspicio che possano essere approvati entro l’estate. Anche perché si tratta di disegni di legge delega e dunque la maggioranza delle riforme avrà bisogno poi di essere portata a compimento con i decreti legislativi. Forza Italia, la Lega, Italia viva e Azione +Europa (che con la sponda esterna di Fratelli d’Italia potrebbero su molti temi della giustizia costituire una maggioranza alternativa) hanno portato a casa l’impegno per cambiamenti profondi. «Sui testi di Bonafede noi conserviamo tutte le perplessità», dice al termine Lucia Annibali, responsabile giustizia del partito di Renzi. E dietro le generali lodi alle doti di ascolto della ministra si nasconde la preoccupazione dei partiti per la decisione di Cartabia di costituire tre «gruppi di lavoro» – «non chiamiamole commissioni» – che studieranno gli emendamenti che dovranno segnare la discontinuità tra il Conte 2 e il governo Draghi in tema di giustizia. Gruppi tecnici, composti dai consiglieri della ministra, «sarà una squadra ristretta ma saranno ascoltati tutte le parti in causa», spiegano in via Arenula. Quindi certamente saranno interpellati magistrati e avvocati. Un lavoro non breve che alla fine «non deve essere calato dall’alto», aggiunge Annibali. «È bene che i tecnici si interfaccino con i relatori dei disegni di legge e con i gruppi parlamentari altrimenti si rischia di innescare un’attività emendativa fuori controllo», dice il capogruppo del Pd in commissione alla camera, Alfredo Bazoli.

Sulla prescrizione, ad esempio, c’è chi spinge per conservare il compromesso raggiunto dai giallo-rossi un anno fa (semplificando: prescrizione cancellata dopo la sentenza di primo grado, ma rispristinata in caso di assoluzione in secondo), e sono Pd, M5S e Leu. E c’è chi punta ad abolire per intero la «riforma Bonafede», come fanno Iv e il centrodestra. Ma tutti temono di vedersi sottratta la gestione della mediazione a vantaggio dei «tecnici» di via Arenula. E più di tutti lo teme il Pd che nel giro dei sottosegretari è rimasto completamente escluso dalla giustizia: sacrificato Giorgis, ora con Cartabia ci sono solo Fi (Sisto) e M5S (Macina).

«Serve una camera di compensazione preventiva per evitare uno scontro tra il lavoro dei gruppi parlamentari e quello di questi tavoli tecnici», avverte anche Federico Conte di Leu. Le caselle con i nomi dei componenti di questi gruppi – che saranno tre, processo penale, processo civile e Csm, possibile anche un quarto sulla giustizia tributaria – si stanno sistemando in queste ore. Intanto la ministra ha dichiarato che darà priorità agli interventi per la giustizia nel Recovery plan. Soprattutto due, in attesa delle riforme: la digitalizzazione, Cartabia ha detto che sta lavorando con il ministro Colao, e il finanziamento per far partire il più volte citato «ufficio per il processo» che dovrebbe abbreviare i tempi della giustizia. Nel vecchio piano si parlava dell’assunzione di 16mila addetti per questi uffici, con contratti a termine.
Cartabia non ha dimenticato il tema carcere, facendo un accenno alla necessità di lavorare sull’esecuzione penale esterna e sulle misure alternative. E intanto ha annunciato la ripartenza della Commissione per l’edilizia penitenziaria, varata a gennaio ma mai veramente partita (la presiede l’architetto Luca Zevi). L’obiettivo è riuscire a inserire nel Recovery plan anche qualche progetto per rendere meno invivibili le carceri italiane.