Nell’ultimo giorno di lavori parlamentari, quando ormai manca appena una settimana all’inizio del nuovo anno e cioè al giorno in cui comincerà ad applicarsi la contestatissima riforma Bonafede della prescrizione, il Pd ha annunciato la presentazione del suo disegno di legge per «evitare le conseguenze negative» della riforma. Rimandando però la presentazione del testo, avendo avuto bisogno di limarlo fino all’ultimo, a venerdì prossimo. La proposta, è noto, è quella della cosiddetta «prescrizione processuale», in base alla quale malgrado i termini di estinzione del reato continuino a essere bloccati per sempre dalla sentenza di primo grado, tuttavia se i gradi di giudizio dovessero allungarsi oltre una certa misura è il processo ad estinguersi. Con effetti identici a quelli della prescrizione.

La riforma Bonafede, ricorda il Pd, è stata «voluta dal precedente governo», e rende urgente «la necessità di fissare tempi certi per la durata dei processi, come la Costituzione e gli interessi del paese richiedono». Il Pd però non è riuscito a convincere il ministro grillino, che ancora ieri ha dichiarato: «La riforma della prescrizione entra in vigore dal 1 gennaio ed è un traguardo importante». Nei giorni scorsi, i democratici hanno evitato di appoggiare (anzi hanno rallentato) la proposta di legge di un solo articolo con la quale Forza Italia voleva cancellare le modifiche di Bonafede per riportare in vigore le regole scritte dall’ex ministro Pd Andrea Orlando. Adesso accompagnano il loro testo precisando che «è aperto un confronto con le forze di maggioranza che auspichiamo possa presto concludersi con una sintesi ragionevole». Bonafede non è altrettanto conciliante e risponde picche anche alla richiesta degli alleati di anticipare il vertice sulla giustizia a una data almeno precedente all’entrata in vigore della nuova prescrizione. Appuntamento confermato al 7 gennaio, e allora – chiarisce Bonafede – «valuteremo tutte le proposte sui tempi del processo penale, l’importante è non far rientrare dalla finestra quello che è uscito dalla porta». Risposta sgarbata, ma anche un modo per anticipare il no alla «prescrizione processuale».

Tra i democratici è diffusa convinzione che la riforma Bonafede sarà presto o tardi bloccata dalla Corte costituzionale, dal momento che la «ragionevole durata» del processo, imposta dalla Costituzione, non potrà essere più assicurata in assenza della valvola di sicurezza che è garantita dall’istituto della prescrizione. Gli avvocati dell’Unione camere penali annunciano di volersi affidare a referendum abrogativo della riforma, e ottengono l’appoggio prima di Forza Italia e poi di Salvini, che pure come tutta la Lega quella riforma – inserita a febbraio nella legge cosiddetta «spazzacorrotti» – ha votato.

Il presidente degli avvocati penalisti, Gian Domenico Caiazza, ieri ha reso pubblica un’imbarazzata lettera del ministro guardasigilli in risposta alla richiesta di dati ufficiali sulla prescrizione. Proprio l’Unione camere penali, infatti, aveva commissionato qualche mese fa una ricerca all’Eurispes dalla quale veniva fuori che oltre la metà delle prescrizioni arriva nella fase di indagini preliminari, e un altro 25% durante il giudizio di primo grado. La riforma che prevede la cancellazione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado, allora, risulterebbe inutile in tre casi su quattro. Bonafede ha risposto spiegando che l’elaborazione dei dati ufficiali è ancora in corso. «Ciò dimostra – ha concluso Caiazza – che si interviene a prescindere dalla conoscenza del problema e della realtà, per esigenze simboliche e di comunicazione».