Una sospensione dei tempi della prescrizione di due anni per l’appello e di un anno per la Cassazione, ai quali si possono aggiungere sei mesi se c’è il rinnovo dell’istruttoria dibattimentale. È l’ultima offerta – in ordine di tempo – del Pd ai 5 stelle per non chiedere a tutto il parlamento il voto che spazza via l’abolizione della prescrizione che dall’inizio dell’anno sarà legge. E se sul tema «non c’è alcuna intenzione di far cadere il governo», viene spiegato, viene altresì giurato che non c’è alcuna intenzione di mollare la presa.

IERI MATTINA NELLA SEDE DEL PD è stato presentato il testo della legge. Un solo articolo per riformare l’abolizione della prescrizione, legge approvata dai 5 stelle insieme ai precedenti alleati leghisti (che nel frattempo hanno cambiato idea) e oggi invece indigeribile – almeno a parole – per i nuovi alleati Pd, Iv e Leu. A illustrare il tentativo di far ragionare il ministro di giustizia Bonafede ieri è stato Walter Verini, nuovo responsabile giustizia dem, insieme al sottosegretario alla giustizia Giorgis, i capigruppo in commissione di camera e senato Bazoli e Mirabelli, la vicepresidente di Palazzo Madama Rossomando e il deputato Miceli, uno degli sherpa della trattativa. Assente ma firmatario insieme al capogruppo Delrio, il vicesegretario ed ex ministro Orlando, autore della legge sospesa dai 5 stelle e in prima fila nella battaglia contro il «fine processo mai».

LA PROPOSTA È STATA DEPOSITATA alla camera e presto lo sarà anche al senato. Dal Pd è considerata una sorta di clausola di sicurezza, nel caso dovesse fallire il prossimo vertice di maggioranza sulla giustizia convocato il 7 gennaio. Va segnalato l’ottimismo della volontà dei presentatori. Ma anche un dato assai meno rassicurante, e cioè che le posizioni fra Pd e 5 stelle sono ancora così distanti da aver consigliato di evitare un vertice più ravvicinato, chiesto dagli stessi dem entro la fine dell’anno. Il rischio di un fallimento era altissimo.

«IL NOSTRO OBIETTIVO NON È far cadere il governo», chiarisce Verini, «solo che siamo in una coalizione. Tre forze dell’attuale maggioranza si sono contrapposte quando il precedente governo ha presentato e approvato la legge sulla prescrizione. Essendo una coalizione ci aspettiamo che il ministro della giustizia e il premier facciano una sintesi». Se però dal M5S non dovessero arrivare aperture, è il veleno nella coda, «la proposta verrà discussa in sede parlamentare come è normale che sia».

IL PD CERCA DI FAR RAGIONARE l’alleato, dunque. «Non chiediamo abiure», spiega ancora il responsabile giustizia dem, «ma non possiamo subire diktat, la nostra è una fermezza dialogante». La definizione è quasi un ossimoro, ma descrive bene lo stallo in cui la maggioranza chiude l’anno sul dossier giustizia. E forse non solo su quello.

IL DEPUTATO VALORIZZA le possibilità di uscita positiva dal pantano. «Il diniego di Bonafede» sulla proposta è arrivato «in vista dell’entrata in vigore il primo gennaio, data simbolica. Ma dopo il primo gennaio ci saranno anche i giorni a seguire e questa norma rischia di avere conseguenze pesanti sul sistema della giustizia». E il 7 gennaio, giorno del vertice, o nei giorni successivi, il Pd si augura che il presidente Conte «che al precedente incontro ha ascoltato con attenzione, stavolta trovi una sintesi».

IL LEADER ZINGARETTI BENEDICE: «Il Pd è per una giustizia al servizio dei cittadini, per tempi certi nei processi nei quali i colpevoli vengano condannati, agli innocenti venga riconosciuta l’innocenza e nei quali le imprese che hanno contenziosi, possano contare su esiti rapidi. È il senso della nostra iniziativa che guarda agli interessi del Paese, al rispetto della certezza del diritto e della legalità».

FORZA ITALIA ATTACCA ma promette di fare la sua parte, se mai avrà l’occasione di abbattere la riforma Bonafede. Per l’ex ministro Enrico Costa il Pd ha «faccia tosta», «prima respinge più volte la nostra proposta provocando l’entrata in vigore dello stop alla prescrizione, poi presenta un testo con gli stessi contenuti». Ma offre una sponda: se il testo dovesse arrivare in aula gli azzurri lo voterebbero. Ma non ci credono: «Il Pd pur di salvare il governo sarebbe capace di votare contro la sua stessa proposta».

PERPLESSO ANCHE Domenico Caiazza, presidente dell’Unione Camere penali: «Cosa succederà visto che Bonafede si è già espresso drasticamente su qualsiasi ipotesi diversa dalla sua? Il Pd vuole arrivare fino in fondo oppure no?».