Tempo quasi scaduto. Il vertice di maggioranza convocato per sciogliere il nodo della prescrizione parte in contemporanea con il conto alla rovescia. Dopo quattro riunioni andate a vuoto il Pd ha deciso di forzare i tempi. Nessuna dichiarazione ufficiale ma l’ultimatum viene fatto filtrare proprio alla vigilia dell’incontro: o si trova un punto di mediazione oppure il Pd chiederà entro 24 ore di abbinare la sua proposta di legge, che cancella la riforma della prescrizione di Alfonso Bonafede e ripristina quella dell’ex guardasigilli Andrea Orlando, al testo presentato dal forzista Costa, già in commissione alla Camera. Anche Leu chiede l’abbinamento della sua formula di mediazione, presentata a Federico Conte. La prescrizione, in questa formula, verrebbe bloccata dopo il primo grado, ma solo nei casi di assoluzione. Non è affatto detto che il Pd intenda dar seguito alla minaccia, che serve comunque a comunicare il senso dell’urgenza e della drammaticità del momento.

Intorno al tavolo ci sono il premier Conte e Bonafede, una nutrita pattuglia del Pd guidata dal sottosegretario alla Giustizia Giorgis e da Verini, l’ex presidente del Senato Grasso e Conte per Leu, Cucca e Lucia Annibali per Iv, due parlamentari e il sottosegretario alla Giustizia Ferraresi per i 5S. L’inizio è pessimo. Bonafede si barrica. Boccia la proposta di Leu. Si oppone anche all’ipotesi di «prescrizione processuale», quella norma per cui la prescrizione si interromperebbe dopo il primo grado ma se i due gradi successivi dovessero prolungarsi oltre un certo tempo, ancora da definirsi, l’intero processo si considererebbe estinto. I 5S sembrano però attestati su una linea del Piave. La cancellazione della prescrizione non si tocca. Si lavorerà poi sui tempi del processo per evitare che diventino eterni.

Sembra che non siano serviti a niente i consigli arrivati dallo stesso Colle, che aveva fatto pervenire ai 5S un messaggio semplice: il processo, a norma di Costituzione oltre che di buon senso, non può essere eterno. Poi però la rigidità del ministro Bonafede un po’ si stempera e si riaffaccia proprio quella proposta Conte (Federico, non Giuseppe) che il guardasigilli aveva affondato all’inizio del vertice: prescrizione cancellata, ma solo per i condannati in primo grado. Più di questo i 5 Stelle non sono disposti a concedere, tanto più che la lobby giustizialista soffia sul fuoco. Ieri Piercamillo Davigo, in un’intervista al Fatto, si è scagliato non solo contro la prescrizione ma anche contro l’appello troppo facile, dal momento che non prevede sentenze più pesanti e dunque chi ricorre non corre rischi, e persino contro la difesa d’ufficio per i non abbienti, che invoglierebbe gli avvocati ad allungare i tempi per rimpinguare il rimborso. Lo stesso sindaco di Napoli Luigi De Magistris dimentica di aver superato, a parole, il passato giustizialista e si schiera con la cancellazione della prescrizione. La reazione degli avvocati all’affondo di Davigo è furibonda, ma quella è una campana alla quale i 5 Stelle non prestano mai orecchio, a differenza di quelle che fa suonare a distesa il potere togato.

E’ presto per parlare di problema risolto. Senza accordo il Pd eviterà di votare l’emendamento soppressivo dell’intera legge Costa proposto dai 5 Stelle, per rendere inevitabile l’approdo in aula della stessa intorno al 16 gennaio e tenere Bonafede sulla corda fino all’ultimo.

Sarebbe un gioco rischioso, anche perché la partita della prescrizione corre parallela a quella, altrettanto difficile, della revoca delle concessioni autostradali ad Aspi. Ieri il Pd ha provato a far circolare, come ballon d’essai, l’ipotesi di sostituire la revoca con una maximulta. I 5S l’hanno affondata seduta stante anche se il Pd ancora spera in un ripensamento che non arriverà. La revoca è nelle mani di Conte, ma lo scontro si sposterà sull’art.33 del Milleproroghe, fondamentale per provare a evitare di dover pagare penali da usura. E lì Matteo Renzi, agguerrito anche sul fronte della prescrizione, è deciso ad arrivare, se necessario, anche alla bocciatura della norma in aula. I prossimi giorni, per la maggioranza, non saranno facili.