I litiganti – Italia viva da una parte, 5 Stelle, Pd e Leu dall’altra – giurano tre volte al giorno che non faranno passi indietro sulla prescrizione. I primi vogliono cancellare o almeno sospendere la riforma Bonafede, i secondi modificarla per tenerla in vita. Il risultato è che le annunciate iniziative legislative non si vedono, sono ferme, e a muoversi verso l’alto è solo il livello dello scontro dialettico. Zingaretti accusa i renziani di muoversi come «estremisti che frammentano il nostro campo e fanno un favore a Salvini». Renzi risponde definendo il segretario del Pd «imbarazzato perché insegue i grillini e il loro populismo giudiziario». Resta in campo la minaccia di Iv di presentare una mozione di sfiducia al senato contro Bonafede che, Conte capisce bene, sarebbe contro tutto il governo. Iv già vota con l’opposizione nelle commissioni che esaminano il decreto milleproroghe, sfiorando per due voti il colpo a sorpresa sul rinvio della Bonafede proposto dal radicale di +Europa Magi. Il governo deve rinunciare a proporre il «lodo» che ha messo d’accordo Pd, grillini e Leu come emendamento allo stesso «milleproroghe». Per imperizia, il ministro guardasigilli si era spinto ad annunciarlo, in alternativa a un decreto ad hoc. Non ci saranno né l’uno né l’altro: strade impraticabili. Resta solo la via di un disegno di legge, dai tempi lunghi ma eventualmente accorciabili con l’abbinamento al disegno di legge di Forza Italia (che però è di contenuto opposto, perché chiede la cancellazione della Bonafede) che arriverà il 24 febbraio in aula alla camera. Il governo potrebbe licenziare il suo testo – senza il voto delle due ministre Iv – domani in Consiglio dei ministri, quando per Bonafede si darà sicuramente il via libera alla sua annunciatissima riforma del processo penale.

La riforma (legge delega) dovrebbe servire ad accorciare i tempi del processo penale, giustificando così il sostanziale blocco della prescrizione già in vigore. La bozza ieri in circolazione confermava cose già lette addirittura ai tempi della maggioranza gialloverde: notifiche semplificate (email), sanzioni disciplinari ai magistrati ritardatari; la novità starebbe nella previsione che il pm deve chiedere l’archiviazione anche nel caso di prove insufficienti. Il resto delle misure, sul Csm e sui magistrati in politica, non avrebbe effetti sui tempi dei processi. Ma è al senato che si apre un potenziale nuovo fronte di scontro con Italia viva, intenzionata a proporre limitazioni nell’uso dei «captatori informatici» trojan, ulteriormente ampliato invece dall’ultimo decreto sulle intercettazioni.

Ieri sera, nelle commissioni prima e quinta della camera, la mancata sostituzione di alcuni consiglieri assenti dei 5 stelle ha messo un po’ di paura alla maggioranza. Ma alle nove sono state le opposizioni a chiedere il rinvio dell’emendamento Annibali, bandiera dei renziani che puntano a sospendere la Bonafede: si vota oggi pomeriggio. A questo punto l’esame in sede referente del «milleproroghe» prenderà tutta la settimana, costringendo poi l’aula della camera e quella del senato a due voti con la fiducia in dieci giorni, per evitare la decadenza del decreto.

Intanto il Movimento 5 Stelle ha organizzato il 18 febbraio, con Bonafede, Taverna e la sindaca di Roma Raggi, una festa per il primo anniversario della legge cosiddetta «spazzacorrotti», quella dove all’ultimo momento fu inserita la tanto contestata riforma della prescrizione. Peccato che proprio ieri mattina in un’udienza davanti alla Corte costituzionale l’avvocato dello stato, per conto della presidenza del Consiglio dei ministri, abbia riconosciuto che si tratta di una legge sbagliata. Chiedendo ai giudici delle leggi, per salvarla da una pronuncia di incostituzionalità, di interpretarla nel senso che non deve essere applicata, nella parte in cui esclude dai benefici penitenziari e dalle misure alternative al carcere i condannati che non vogliono, o non possono, collaborare. Nella legge che rende «orgoglioso» il ministro della giustizia, queste esclusioni sono state previste retroattivamente, vale a dire anche per i condannati per reati contro la pubblica amministrazione commessi prima dell’entrata in vigore della «spazzacorrotti». Uno dei primi a patire questa applicazione retroattiva fu l’ex presidente della regione Lombardia Roberto Formigoni, e un anno fa i grillini se ne rallegrarono: «È solo il primo dei tanti che verranno colpiti dalla nostra legge», disse ad esempio l’allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio Buffagni. Ieri davanti alla Corte costituzionale l’avvocato dello stato Giannuzzi, dando ragione in pieno agli argomenti delle difese degli imputati che hanno sollevato la questione di costituzionalità (avvocato Manes), ha chiesto alla Consulta una sentenza interpretativa – del resto già diversi tribunali hanno applicato la «spazzacorrotti» in maniera «costituzionalmente orientata». Già oggi, quindi, o più probabilmente a fine mese quando la Corte costituzionale giudicherà altri ricorsi su questioni analoghe, la legge celebrata dai 5 Stelle potrebbe subire la più pesante delle sanzioni. A prescindere dalla prescrizione.