All’incontro con la ministra della giustizia che avevano chiesto per solennizzare il dissenso sulle ipotizzate modifiche alla disciplina della prescrizione, i 5 Stelle si sono presentati con in testa il predecessore, Alfonso Bonafede, autore con la Lega nel 2019 di una riforma della prescrizione alla quale da due anni si sta cercando di porre rimedio. Perché, come ha messo nero su bianco la commissione di saggi insediata da Cartabia e presieduta dall’ex presidente della Corte costituzionale Lattanzi, «espone l’imputato al rischio intollerabile di un processo dalla durata irragionevole». La nuova ministra ha accolto Bonafede con un dono, il volume Treccani della tesi di laurea di Giovanni Falcone di cui lei stessa ha scritto la prefazione, al quale ha apposto una dedica. Poi dopo aver ascoltato le doglianze della delegazione 5 Stelle ha consegnato loro l’onere della proposta: «Dite voi quali potrebbero essere eventuali correzioni».

Ma non è stato un cedimento alle loro richieste, perché Cartabia ha indicato tre condizioni che la proposta grillina dovrebbe tassativamente rispettare. La prima è quella di andare incontro alle richieste dell’Unione europea alle quali risponde il Pnrr: i tempi dei processi penali vanno assolutamente abbreviati (del 25% in tre anni, è l’obiettivo). Del resto il nostro paese accumula da anni condanne della Corte europea dei diritti dell’uomo proprio per l’eccessiva durata dei processi di primo grado (tre volte superiore alle media Ue) e di appello (otto volte superiore alle media Ue). Né il lodo Conte bis, quello previsto attualmente dal testo base di riforma del processo penale, a giudizio della commissione dei saggi evita il rischio di processi interminabili. Per questo Cartabia ha detto con chiarezza ai 5 Stelle che lasciare le cose come stanno è escluso. E ha posto altri due vincoli ai parlamentari grillini.

La loro proposta doverebbe anche «bilanciare i principi costituzionali» che, ha ricordato la ministra, sono almeno due. L’interesse dello stato perché si arrivi a una sentenza – la «giustizia denegata», espressione dei 5 Stelle, è anche a suo giudizio intollerabile – ma anche la tutela dei diritti dell’imputato che nel caso dei processi infiniti è completamente sacrificata. Infine Cartabia ha posto un terzo paletto ai suoi ospiti: qualsiasi proposta alternativa dovrà essere «politicamente accettabile», vale a dire compatibile con le richieste degli altri partiti della coalizione. Che, chi più chi meno, sono tutti ben disposti verso le soluzioni avanzate dalla commissione dei saggi.

Dunque la delegazione 5 Stelle ha preso atto che non ci sono stati passi in avanti, mentre si avvicina il momento in cui tutto questo dovrà precipitare negli emendamenti del governo al ddl sul processo penale, il cui approdo in aula è stato (ottimisticamente) fissato per fine giugno. Tra le due soluzioni in campo, quella che somiglia molto alla riforma Orlando del 2017 (immediatamente cancellata da Bonafede) e quella della prescrizione “processuale” che, con i numeri di oggi condannerebbe circa il 40% dei procedimenti, quanti sono quelli che si prescrivono durante le indagini preliminari, paradossalmente per i 5 Stelle è proprio la seconda che si presta a maggiori possibilità di correzioni nella direzione da loro auspicata. I saggi l’hanno lasciata aperta. Ma la prova che le distanze non sono state superate è chiara nel comunicato dei 5 Stelle, dove si propne di cambiare discorso e accelerare, «come affermato dal presidente Mattarella», sulla riforma del Csm. Il cui termine per gli emendamenti, però, sempre ieri, è stato spostato al 3 giugno. Il giorno dopo la maggioranza si riunirà con la ministra e la sua commissione di saggi per vedere se, in questo caso, l’intesa non sia più a portata di mano.