«È l’ora del dialogo in Libia», proclama il ministro degli esteri Di Maio. Piuttosto è l’ora della corsa contro il tempo per Khalifa Haftar. Il generale, deciso a prendere Tripoli a tutti i costi, dopo aver conquistato Sirte o gran parte di essa, punta adesso su Misurata per stringere più forte l’assedio intorno alla capitale prima che al Governo di accordo nazionale libico (Gna) guidato da Fayez al Sarraj comincino a giungere rifornimenti di armi e rinforzi di migliaia di mercenari arabi inviati dalla Turchia di Erdogan. Non ha trovato riscontro intanto la notizia, riferita dalla Russia, della riconquista di Sirte da parte delle forze del Gna.

La presa della città peraltro si sarebbe rivelata più facile del previsto per l’Lna, l’esercito agli ordini di Haftar, che ha sbaragliato le forze avversarie in appena tre ore, grazie all’arretramento completo delle milizie di Misurata in seguito a un presunto tradimento della Brigata 604, composta da madkhali (salafiti) passati dalla parte di Haftar. Da Tripoli invece spiegano che la caduta di Sirte sarebbe avvenuta così rapidamente non per debolezza ma per evitare combattimenti cruenti che avrebbero messo a rischio la vita dei 120mila abitanti.

Aver messo le mani su Sirte è un traguardo straordinario per Haftar, da un punto di vista simbolico e strategico. La città si trova nel centro del Golfo della Sirte, a metà strada fra Tripoli e Bengasi, ed è uno snodo fondamentale lungo l’arteria stradale che percorre la costa libica. Il leader e colonnello libico Gheddafi, nato in una località vicina alla città e qui ucciso brutalmente alla fine del 2011, proprio a Sirte diede impulso all’Unione Africana. E a Sirte è avvenuta l’ascesa dell’Isis, braccio locale dell’Isis abbattuto alla fine 2016 dalle milizie di Misurata a costo della vita di 700 combattenti e di circa 2mila feriti. E da Sirte comincia ora l’avanzata dell’Lna verso Misurata – la “città-stato” famosa nel 2011 per aver resistito per mesi alla pressione dell’esercito di Gheddafi – che, per il momento, si mantiene fedele a El Sarraj.

Gli uomini di Haftar da alcune ore affrontano in scontri sanguinosi le milizie di Misurata e secondo fonti locali avrebbero già conquistato buona parte dell’area di Abu Qarin e di al Washka. Agli scontri prende parte anche l’aviazione di Haftar che ha bombardato le forze del Gna ad Abu Qarin, Lahsun e al Buirat. Intanto le milizie di Misurata hanno chiuso la strada che collega Bani Walid e Zliten. La tv saudita Al Arabiya, vicina all’Lna, ieri sosteneva che gli uomini di Haftar sono arrivati ad al Hishaa, 100 chilometri a est di Misurata. La situazione resta fluida con i media libici che, schierati con l’una o l’altra parte, continuano a dare notizie contraddittorie. Non è chiaro se l’esercito di Haftar sia sul punto di mettere le mani anche sulla base di Ghardabyia a sud di Sirte, una postazione strategica che gli permetterebbe di intensificare le missioni aeree.

Dalla parte del Gna e di El Serraj si è di nuovo schierata l’Algeria. Il presidente Abdelmadjid Tebboune, ieri ricevendo il premier libico, ha avvertito che il suo paese «considera Tripoli una linea rossa che nessuno deve oltrepassare» e ha invitato il Consiglio di Sicurezza dell’Onu, «ad assumersi le proprie responsabilità nell’imporre il rispetto della pace e della sicurezza in Libia». La Tunisia da parte sua fa sapere che «non permetterà mai» il passaggio di soldati turchi diretti in Libia «attraverso il suo territorio», dal momento che «rifiuta in modo categorico» qualsiasi «interferenza straniera» in Libia. La portavoce della presidenza tunisina, citata dai media locali, ha spiegato che il capo dello stato Kais Saied «lo ha ribadito al presidente turco Erdogan durante la sua recente visita in Tunisia». Libia e Siria saranno tra i temi al centro dei colloqui tra il presidente russo Vladimir Putin e quello turco Erdogan in programma oggi a Istanbul.