Prendi i macchinari e scappa. La Fiom lo ha amaramente definito “lo sport in voga tra gli imprenditori in questa estate del 2013”. Ma negli archivi di cronaca sindacale italiana si possono (purtroppo) rintracciare decine e decine di casi analoghi, con manager lautamente pagati che approfittano delle chiusure estive delle fabbriche per far traslocare gli impianti dai capannoni. Lavorando come ladri nella notte. Casomai la novità dell’agosto che va a tramontare è l’internazionalizzazione della pratica: quando i carabinieri chiamati dagli operai sono arrivati ai cancelli della Dometic di Forlì, alle tre del mattino di sabato scorso, si sono trovati davanti due dirigenti svedesi della multinazionale che comandavano le operazioni di sgombero. Affidato, ciliegina sulla torta, a facchini tanto robusti quanto di incerta provenienza, vista la mancanza dei documenti di identità subito chiesti dai militari dell’Arma.

Tre indizi fanno una prova, ricorda il sindacato guidato da Maurizio Landini. In rapida successione ci sono stati i casi della Firem di Modena, appunto della Dometic di Forlì, e due giorni fa della Hydronic Lift di Pero nel milanese. In quest’ultimo frangente gli operai sono tornati dalle ferie e hanno trovato lo stabilimento sbarrato. Quelli rimasti a casa erano stati i primi a saperlo, visto che era datata 9 agosto la comunicazione con cui l’azienda rendeva noto di aver avviato – unilateralmente – la procedura di cigs per cessazione di attività. Così la lettera è arrivata ai 30 dipendenti, specializzati in componenti idraulico-meccanici per ascensori e montacarichi, proprio alla vigilia degli unici quattro giorni in cui buona parte degli italiani si concedevano una licenza. Prima di riprendere il loro posto in trincea, nella guerra per la sopravvivenza in cui è stata fatta precipitare l’ottava potenza industriale del pianeta.

Contattato da un giornalista dell’Ansa, un portavoce della Hydronic asserragliato in fabbrica ha dato questa giustificazione: “Il sito di Pero è chiuso per una riorganizzazione interna aziendale. Ma altri siti sono aperti”. Anche quello internet della società, da cui risulta che, oltre a Pero, è attivo uno stabilimento a Mc Kinney in Texas. Senza altri riferimenti a impianti nella penisola. Da ieri gli operai presidiano i cancelli. Così come stanno facendo da giorni le tute blu della Dometic di Forlì.

Nella fabbrica romagnola, che produce condizionatori per camper, si sapeva che le cose non andavano bene. Eppure c’era l’impegno a non far precipitare le cose. I metalmeccanici forlivesi puntualizzano: “Il 2 agosto era stato firmato dallo stesso ad Marco Grimandi, insieme a Confindustria, un accordo con Fim, Fiom, Uilm e la Rsu. Oltre a congelare i tempi della procedura di mobilità, impegnava a non mettere in atto iniziative unilaterali fino all’incontro già fissato il 5 settembre”. Invece già alla vigilia di Ferragosto era partita l’operazione sgombero, per la delocalizzazione in Cina: “Alle 6 del mattino – proseguono Fiom, Fim e Uilm – tre dirigenti della multinazionale avevano provato a caricare e spedire prodotti e componenti presenti nei magazzini, con l’azienda chiusa per ferie, ed erano stati fermati solo grazie all’intervento dei lavoratori”. Dieci giorni dopo il secondo tentativo. Quello fermato anche dai carabinieri.

Ora i sindacati avvertono: “L’incontro del 5 settembre deve essere fatto in una sede istituzionale”. E di fronte alla difesa del management Domotic fatta dagli industriali locali, Fiom & c. replicano: “Come si può parlare di ‘prospettive di espansione di Dometic Italy’, quando si prevede il licenziamento di 40 lavoratori sui 58 dipendenti presenti nei tre siti di Forlì?”. Così venerdì ci sarà uno sciopero di quattro ore e un triplo presidio: permanente davanti ai cancelli, e due alle sedi di Unindustria di Forlì. Quanto alla modenese Firem, la prima della serie, i suoi 40 operai continuano a vigilare. Dopo aver scoperto che la loro fabbrica di resistenze elettriche di Formigine era stata quasi vuotata, dalla vigilia di Ferragosto presidiano lo stabilimento. Fidandosi il giusto della discussione aperta con il management per fermare la delocalizzazione. Stavolta in Polonia.