Il contributo di Richard H. Thaler – a cui è stato conferito il Nobel «per il suo contributo all’economia comportamentale» – si inserisce nel tentativo di ovviare, in presenza di incertezza e di rischio, alla difficoltà di poter prendere decisioni in un contesto di perfetta razionalità. Tale idea di razionalità (a cui si aggiunge l’ipotesi di mutua indifferenza, ovvero «nessuno si cura degli effetti delle proprie decisioni sugli altri») fa perno sull’idea dell’Homo oeconomicus che è centrale per dimostrare la (presunta) efficienza del libero mercato.

La realtà economica, da sempre, è andata in direzione diversa. Che l’essere umano sia dotato di una certa dose di razionalità è scontato, che tale razionalità sia «massimizzante» e sia sempre operante un po’ meno. Le crisi finanziarie ne sono la testimonianza più evidente.
Al riguardo, le teoria di Herbert Simon (premio Nobel nel 1978) e le applicazioni al comportamento delle imprese di Cyert e March negli anni Sessanta hanno consentito di introdurre il concetto di «razionalità procedurale»: gli esseri umani (i manager, ad esempio), in presenza di decisioni economiche, in condizioni di incertezza, tendono a perpetuare delle «procedure» fintanto che i risultati che ne derivano vengono ritenuti «soggettivamente» soddisfacenti.

Con riferimento ai mercati finanziari, dove la dose di irrazionalità sembra prevalere, come la storia recente ci ha ampiamente dimostrato, alcuni studiosi «eterodossi», come André Orlean, preferiscono parlare di «razionalità imitativa»: prendendo a riferimento un agente considerato – a torto o a ragione – autorevole (ad esempio, Soros), il nostro comportamento tende a imitarlo.

In entrambi i casi, l’elemento della «soggettività» è predominante e ciò implica che non sia possibile definire una teoria oggettiva del comportamento umano, né che sia misurabile, anche in base al calcolo probabilistico (come già ci ricordava Keynes nel 1923). Ne consegue, che un calcolo di massimizzazione (dell’utilità, del profitto, del ritorno di un investimento finanziario) non è più possibile. Un grave intralcio all’illusione di poter modellizzare, in termini matematici, il comportamento umano e, in primis, quello economico. L’Homo oeconomicus, oggettivato dalla propria razionalità, rischia di scomparire.

È a partire dagli anni Ottanta che, non caso all’Università di Chicago, prende avvio il tentativo di riportare i comportamenti irrazionali all’interno di una logica comunque di razionalità calcolabile. Thaler fa il tentativo di avvicinare l’Homo oeconomicus all’Homo di tutti i giorni. Magari riscoprendo il concetto di «razionalità limitata» (Bounded rationality), al centro dell’analisi di Herbert Simon, ma, differenza di quest’ultimo, con l’intento comunque di salvare i risultati della microeconomia del libero mercato. Magari anche con un «tocco gentile» (Nudge), dal titolo di uno dei libri più noti di Richard H. Thaler (Nudge: Improving Decisions About Health, Wealth, and Happiness, 2009)