Una danza generosa, capace di toccare le corde più intime con l’incontro tra scrittura, intuizione d’immagine e un sotterraneo moto sentimentale distingue dagli esordi il percorso coreografico ormai più che trentennale di Angelin Preljocaj, oggi alla testa del centro coreografico di Aix-en-Provence Pavillon Noir. Tra le tante creazioni firmate in Francia da quest’artista di emigrati di origine albanese fuggiti dal proprio paese in una notte del 1956, ci sono titoli che restano indimenticabili, da À nos Héros sull’immaginario eroico del realismo socialista al Romeo e Giulietta ambientato sotto la dittatura, dal misterico Annonciation al mozartiano Le Parc e a Empy Moves.

ATTESA perciò alta l’altro ieri sera alla Scala per il debutto mondiale di Winterreise (Viaggio d’inverno), capolavoro romantico di Franz Schubert e prima creazione di Preljocaj per i ballerini del Teatro dopo il riallestimento in passato di titoli già esistenti (Annonciation, Le Parc, La Stravaganza). Il nuovo titolo della stagione scaligera si inserisce nel ciclo di balletti su musica da camera voluto dal sovrintendente Alexander Pereira.

PER PRELJOCAJ un’occasione perfetta: innamorato da anni dei 24 Lieder di Schubert composti sui testi di Wilhelm Müller, cercava una situazione per coreografarli. Ha scelto la versione originale per pianoforte e voce, più intima e profonda di quella orchestrale, per immaginare il viaggio sentimentale del protagonista dei Lieder. In scena però il malinconico, solitario, romantico viaggio di amore e morte non si declina in un unico interprete ma nei dodici danzatori, lasciando che sia la danza, i corpi, a volte mossi all’unisono, a volte in piccoli gruppi, a penetrare con accenti mutevoli la musica, il testo. La danza è toccata da una neve nera, inesorabile, silenziosa, che scende dall’alto (scene di Constance Guisset). Il basso-baritono Thomas Tatzl si confonde in apertura con i danzatori di schiena. «Come un estraneo sono comparso….» attacca il primo Lied con Tatzl che si gira e scende nella buca rialzata dove, a sinistra, lo attende al pianoforte James Vaughan.

SI CREA una sorta di doppio piano di profondità tra il canto, la musica, la danza. Preljocaj di Lied in Lied procede per onde: si avvicina e si allontana dalle immagini suscitate dai testi, creando controcanti di movimento che a tratti, i più fascinosi, portano il testo in un misterioso altrove, senza nulla descrivere. Nello scorrere dei due cicli di Lieder (12 più 12), scene, costumi, umori dal luminoso nero si aprono al colore, come se la natura evocata da Schubert infondesse a tratti pennellate di luce.
Come il contrasto tra i fiori di maggio e i corvi che al buio gracchiano nel Lied n. 11 – Frühlingstraum (Sogno di primavera) giocato da Preljocaj su tre quartetti. Preljocaj ci tocca quando la coreografia coglie da musica e testo un respiro che si apre a una visione inaspettata, accade In flutti d’acqua (n. 6) con le donne sollevate tra le braccia e poi deposte, sedute, illuminate dall’alto come figure di ghiaccio. Ottima l’interpretazione dei 12 danzatori, tra cui segnaliamo in particolare Christian Fagetti, Andrea Risso, Alessandra Vassallo, Agnese Di Clemente. Molti applausi per uno spettacolo in replica fino al 9 marzo.