«Come Hiroshima», ha detto un ministro libanese commentando l’esplosione di martedì pomeriggio a Beirut. E in effetti, guardando le immagini della devastazione di oggi, non può non tornare alla memoria il paesaggio spettrale del 6 agosto 1945, quando la bomba atomica sganciata da un aereo statunitense distrusse la città giapponese, provocando un numero di morti almeno mille volte superiore a quelli che oggi si contano nella capitale del Libano.

Oggi, a 75 anni di distanza, un ricordo, che sembra un mea culpa, arriva dai vescovi Usa, rivolto direttamente ai pochi sopravvissuti e ai molti che sono arrivati dopo di loro, vittime anch’essi delle bombe del 6 e 9 agosto 1945. «Io e miei fratelli vescovi piangiamo con il popolo giapponese per le vite innocenti che sono state eliminate in quei giorni e per le generazioni successive che hanno continuato a subire le conseguenze sulla propria salute e sull’ambiente di quei tragici attacchi», dichiara monsignor José Gomez, arcivescovo di Los Angeles e presidente della Conferenza episcopale statunitense.

«In questa ricorrenza – prosegue il presidente dei vescovi Usa – ci uniamo alla voce di papa Francesco e al suo appello ai leader mondiali perché si perseveri negli sforzi per abolire queste armi di distruzione di massa, che minacciano l’esistenza della razza umana sul pianeta».

«L’uso dell’energia nucleare per fini di guerra è oggi più che mai un crimine, non solo contro l’uomo e la sua dignità, ma contro ogni possibilità di futuro nella nostra casa comune», disse infatti nello scorso novembre, in occasione della sua visita a Hiroshima, condannando anche il solo «possesso» delle armi atomiche. Un appello rilanciato oggi dai vescovi degli Stati Uniti – prima potenza atomica mondiale – che, «ricordando la violenza e l’ingiustizia del passato», invitano i governanti a «cercare sempre la via della pace» e a «trovare alternative alla guerra come strumento per affrontare le differenze e risolvere i conflitti fra i popoli».

Hiroshima, il profilo dell’ «Atomic Bomb Dome», simbolo dell’attacco atomico di 75 anni fa foto di Ap

Il 9 agosto – anniversario della bomba su Nagasaki – i cattolici statunitensi si uniranno in preghiera ai giapponesi, in occasione della Giornata nazionale di preghiera, studio e azione per il disarmo nucleare, indetta dalla Commissione per la giustizia e la pace della Conferenza episcopale Usa in concomitanza con i tradizionali dieci giorni di preghiera per la pace che la Chiesa giapponese celebra ogni anno dal 6 al 15 agosto e che comincia proprio questa mattina, a Hiroshima, davanti al cenotafio che commemora le vittime dell’atomica, con la partecipazione anche del segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres.

«La cosiddetta “sicurezza” offerta dalle armi nucleari si basa sulla nostra volontà di annientare i nostri nemici e la loro volontà di annientarci. A 75 anni dagli avvenimenti di Hiroshima e Nagasaki, è giunto il tempo per rifiutare questa logica di reciproca distruzione e costruire invece una vera sicurezza reciproca», afferma Pax Christi International.

E appelli analoghi arrivano anche dalle Chiese di altre due nazioni protagoniste della seconda guerra mondiale. Dalla Germania, Chiesa cattolica (con mons. Heiner Wilmer, presidente di Justitia e Pax) e Chiesa evangelica (con il pastore Renke Brahms, commissario per la pace del Consiglio della Chiesa evangelica) chiedono ai politici di impegnarsi per una campagna di sensibilizzazione per un mondo privo di armi nucleari: «il primo segno dovrebbe essere l’accettazione e la ratifica del Trattato di non proliferazione nucleare delle Nazioni Unite anche da parte della Germania».

Dall’Italia, Pax Christi (con il presidente, mons. Giovanni Ricchiuti, e il coordinatore nazionale, don Renato Sacco) chiede al presidente della Cei, card. Gualtiero Bassetti, e a tutti i vescovi italiani di fare pressioni sul governo perché anche l’Italia firmi il trattato Onu sulla messa al bando di tutte le armi nucleari.