Che succede alla Certosa di Trisulti dopo l’arresto per frode e riciclaggio di denaro di Steve Bannon – uscito dopo il pagamento di una cauzione di «soli» 5 milioni di dollari?

È preoccupato Benjamin Harnwell, sempre più assediato tra le mura della Certosa di Trisulti, dopo l’arresto del suo mentore Steve Bannon, il leader suprematista-sovranista. «Certo – ammette – si tratta di un duro colpo per la sua reputazione, ma sono anche fermamente convinto della sua innocenza». «È evidente – aggiunge – che ci troviamo davanti a una montatura, a un attacco politico, come quello sferrato a me dalla sinistra in Italia. Ci vogliono far perdere tempo, soldi e energie per rispondere in tribunale delle nostre idee politiche».

E DIFATTI nei guai non è solo Bannon, anche il suo «messo» in terra ciociara con l’obiettivo di creare una base per la propaganda delle sue teorie sovraniste – che hanno in Giorgia Meloni e Matteo Salvini i corifei italiani – ha, come è noto, le sue gatte giudiziarie da pelare. L’aggiudicazione della gara per la gestione della Certosa, splendido e prestigioso complesso abbaziale posto nel cuore dei monti Ernici a 70 chilometri da Roma, voluta dal ministero dei Beni culturali, dopo l’abbandono dei monaci cistercensi di Casamari, gli ha portato finora solo guai e rischia di trasformarsi in una vittoria di Pirro. Harnwell, infatti, legale rappresentante della bannoniana Dignitatis Humanae Institute (Dhi), l’associazione fondamentalista cattolica vincitrice del bando ministeriale nel 2016, è stato chiamato a rispondere davanti ai magistrati di due reati penali, falso e turbativa di gara, e a difendersi dall’accusa, della Corte dei conti, di danno erariale per non aver corrisposto il canone annuale promesso per l’uso della Certosa. Mentre è ormai prossima la decisione del Consiglio di Stato sull’annullamento della concessione chiesta dal Ministero, convinto da circostanziate denunce giornalistiche a tornare sui suoi passi per le numerose irregolarità emerse nella documentazione inviata alla commissione giudicatrice.

IN ATTESA di quello che avverrà, la Certosa, dopo la conclusione del lockdown, è stata riaperta per le visite guidate ed è tornata ad accogliere i turisti che, a 5 euro a biglietto, visitano con le Guide di Cicerone le bellezze mozzafiato di questo patrimonio dello Stato italiano. Una mano l’ha data il vicesindaco di Collepardo che – «triste» per le porte sbarrate dell’abbazia, ma in barba alle vicende giudiziarie e ai sempre più scoperti disegni politici che si giocano a Trisulti – ha pensato bene di armarsi di tagliaerba e ramazza, per dare presentabilità al luogo, facendo le veci di «Beniamino», come tutti chiamano familiarmente in zona l’allievo di Bannon, che sull’argomento della manutenzione sorvola preferendo ricordare la sua passione per lo studio del greco antico e dell’ebraico nel quale dice di essersi immerso.

 

Steve Bannon (LaPresse)

 

Non hanno pagato il biglietto, invece, i sei frati francescani dell’Immacolata che, domenica scorsa, hanno celebrato la messa, con il rito tridentino nella cappella della Certosa, autorizzati da Harnwell senza interpellare – come abbiamo appurato – il vescovo locale, l’unica autorità religiosa che ha il potere di consentire la celebrazione della Messa nella diocesi. Una sfida dai contorni preoccupanti. La carta di identità dei sei frati, dal saio cinerino, rivela, infatti, un altro aspetto inquietante della vicenda, e offre una prova ulteriore della «manovra» anti papa Francesco (e non solo) di cui la Dhi intendeva porre le basi nelle ampie sale dell’antica abbazia. Si tratta, infatti, di frati fuoriusciti dall’Istituto dei Frati francescani della Immacolata, una congregazione commissariata dal 2013 sulla quale pesano inchieste per scandali finanziari, pratiche di scarsa ortodossia e legami con gruppi di tradizionalisti cattolici, gli stessi che assediano la Chiesa di Francesco. Il cardinale Raymond Leo Burke è stato ospite assiduo della congregazione fondata a Frigento (Avellino) così come il cardinale Walter Bradmuller.

BURKE, oltre ad essere uno dei principali esponenti dell’ala ultraconservatrice della Chiesa, è anche uno dei principali oppositori dell’attuale pontefice. Nel 2016 è stato uno dei quattro cardinali che hanno firmato i Dubia, il documento in cui viene contestata la decisione del papa sulla legittimità della comunione per le coppie divorziate risposate. Insieme al cardinale tedesco Walter Brandmüller ha scritto una lettera aperta ai presidenti degli episcopati in occasione del convegno sulla pedofilia, criticando la scelta di papa Francesco di concentrare il dibattito solo sulla pedofilia e non sull’omosessualità presente nella Chiesa. Non sono da dimenticare, infine, gli attacchi frontali contro papa Bergoglio anche in occasione del Sinodo dell’Amazzonia, considerato «eretico».

NESSUN POLITICO della destra nostrana ha rilasciato commenti sulla vicenda Trisulti. Neanche oggi alla luce dell’arresto di Bannon sullo yacht del dissidente miliardario cinese Guo Wengui. Lo stesso che, a poche settimane dalla scadenza dell’Accordo provvisorio Sino-Vaticano (21 settembre), ha accusato la Santa Sede di prendere tangenti da Pechino. Nessuna parola di sostegno per Steve Bannon dalle cui labbra pendevano in tanti credendo al suo sogno dell’internazionale sovranista-suprematista. Il suo arresto rappresenta il fallimento di una trama e, per convenienza politica, tutti prendono le distanze da Trisulti o restano in silenzio. Forse perché è diventata il crocevia della strategia di fuochi incrociati dall’interno e dall’esterno delle mura vaticane, malgrado la dubbia caratura del personaggio al quale lo Stato italiano l’ha, sciattamente, consegnata.

Certo tutti ricordano cosa succede alla fine del film «I predatori dell’arca perduta» ai soldati nazisti: a Trisulti, come una metafora, le facce di questi personaggi di bassa lega si stanno squagliando come i volti dei nazisti quando scoperchiano sciaguratamente l’Arca dell’Alleanza.