Succede che, durante la lavorazione di un film, un attore venga licenziato e/o rimpiazzato per quelle che vengono eufemisticamente descritte come «differenze creative». Succede che, se un attore muore durante le riprese, un film venga completato integrando la sua presenza con espedienti di sceneggiatura (come quando Bette Davis si trasformò in Barbara Carrera in Strega per un giorno, di Larry Cohen) o, sempre più spesso, digitalmente (da Brandon Lee, alla certosina ricostruzione di Paul Walker in Furious 7, con una combinazione tra Cgi e i corpi dei suoi fratelli).

Quello che non era mai successo prima d’ora è che un attore venisse licenziato da un film finito che avrebbe dovuto avere la sua prima mondiale la settimana successiva. Mentre Beau Willimon e gli sceneggiatori di House of Cards, nella miglior tradizione della soap, decidono come far morire l’ex presidente degli Stati Uniti Francis Underwood, per poter continuare la serie più fortunata di Netflix senza Kevin Spacey, arriva l’annuncio che l’attore è stato «allontanato» da All the Money in the World, il nuovo film di Ridley Scott, atteso in sala il 22 dicembre prossimo e che, tra qualche giorno, era previsto in chiusura dell’AFI Film Festival.

Ispirato al rapimento di Paul Getty Jr., All The Money in the World era il titolo con cui Spacey, nel ruolo dell’anziano, spietato, patriarca della ricchissima famiglia americana, a sentire i pronostici, avrebbe dovuto assicurarsi una nomination di miglior attore non protagonista. Il suo ruolo sarà invece «rilevato» da Christopher Plummer in una frenetica combinazione di interventi digitali e riprese aggiuntive pare già in corso. La Sony e la casa di produzione di Ridley Scott (sembra, uno dei promotori della decisione – d’altra parte, aveva già resuscitato Oliver Reed per finire Il gladiatore) non precisano quale percentuale delle riprese dovrà essere rigirata.

Ma nel trailer già disponibile online la presenza di Spacey è già stata diabolicamente relegata ad angoli remoti del fotogramma, piani lunghi, inquadrature di spalle. In modo da preparare l’improvvisa apparizione al suo posto di Plummer (il cui volto, nel confronto tra i due, non risulta poi così lontano da quello del Getty di Spacey, che aveva un grosso naso finto e piatto).

Per quanto Getty Sr. sia un ruolo relativamente secondario del film (difficile dire, non avendo letto la sceneggiatura), sembra improbabile che, in così poco tempo, si possano veramente rigirare tutte le sue scene. Ci sono quindi buone chance che il risultante personaggio sarà una specie di mostro di Frankenstein, ibrido tra i due. Uno Spaceplummer, o un Plumspacey. Il che potrebbe sollevare qualche problema di natura sindacal/legale – se gli agenti di Spacey alla CAA non lo avessero scaricato brutalmente, dopo aver intascato succose percentuali per nove anni. Insensibili alle possibili implicazioni future di un’operazione così radicalmente priva di scrupoli Mark Wahlberg e Michelle Williams, anche loro nel film di Scott, paiono disponibili a tornare sul set per rigirare con la nuova co-star.

D’altra parte – difficile da credere – la mancanza di solidarietà dell’industria dello spettacolo nei confronti di Kevin Spacey supera persino quella manifestata nei confronti di Harvey Weinstein. Tale è stato l’effetto boomerang del suo coming out, cinicamente/maldestramente annunciato in tandem con le rivelazioni di Michael Rapp, che vige il silenzio anche sulla natura chiaramente omofobica di certo coverage che gli dà contro.

«Intoccabile» come Harvey, che avranno ormai espulso anche dal club dell’automobile, Spacey è stato tagliato anche dallo special per il 50esimo anniversario del Carol Burnett Show. Il suo The Billionaire Boys Club, un’attesa produzione indie con uscita prevista per il 2018 (era uno dei titoli in odore di Sundance) finirà a prendere polvere in un armadio. Così come Gore, di Michael Hoffmann, già in fase di montaggio, sul rapporto tra Gore Vidal (Spacey) e un giovane discepolo che va a trovarlo a Ravello.