Dare voce alla precarietà vissuta. Questa è l’urgenza che ha dato vita a «Precarissima», un esperimento politico-culturale delle Officine Corsare di Torino conclusosi ieri. La precarietà come esperienza che accomuna gran parte delle giovani generazioni, ma sempre più anche persone di età diverse, colpite dalla mancanza di continuità del reddito e di certezze nelle prospettive di vita. Cinque giornate di incontri – insieme a spettacoli e performance – in cui hanno preso la parola, fra gli altri, tirocinanti di psicologia e praticanti degli studi legali, professionalità dell’arte e dello spettacolo, lavoratori nativi e migranti: autonarrazione, ma anche un tentativo di riannodare un tessuto sociale frammentato, a partire dalle proprie esperienze di lavoro e non lavoro. Non casualmente, Precarissima si è svolta intorno al primo maggio: questo festival è stato anche il modo per restituire un senso pieno a una ricorrenza che non deve essere mero rituale.

Il focus è stato sulle esigenze concrete dei precari e delle risposte che si possono trovare in Italia e in Europa. Si è discusso, con il Basic Income Network, delle proposte sul reddito di base e sul welfare, a partire dalla regione Piemonte, prossima alla scadenza elettorale. Siamo convinti che forme di reddito di base siano necessarie sia sul piano economico sia su quello dei diritti, e che in Piemonte occorra guardare alle proposte di legge approvate dalle giunte laziale e toscana. Quindi è stato il turno del Jobs Act, con un dibattito tra docenti, sindacalisti ed esponenti dei movimenti sociali. Opinioni diverse, con le quali abbiamo confrontato la nostra convinzione che non si possa più pensare alla «flessibilità» come strumento taumaturgico per far ripartire l’occupazione, all’insegna del superamento delle «eccessive rigidità del mercato del lavoro». Si tratta di una strategia che ha dimostrato la sua inefficacia, e che è tanto più problematica in quanto non accompagnata dalle promesse misure di stimolo alla produzione, da una parte, e dall’altra dal rinnovamento del sistema di welfare in direzione dell’universalizzazione delle tutele.

Un’intera giornata ha preso forma attorno al tema del lavoro culturale, raccogliendo il fermento che in queste settimane ha animato larga parte della scena musicale torinese, che si è riconosciuta nell’etichetta #GenerazioneZeroBudget. Parlare dei lavoratori dell’arte, della cultura e dello spettacolo vuol dire riaffrontare questioni irrisolte, legate in particolare al trattamento fiscale e previdenziale o a forme di sostegno al reddito. Ed è proprio sui temi del lavoro culturale, in una città come Torino in cui si parla della cultura come nuovo settore in cui creare lavoro, che stiamo definendo vertenze specifiche, per rivendicare politicamente gli elementi che sono alla base della produzione culturale, e della dignità del lavoro di tutti coloro che in essa si impegnano ogni giorno.

*Officine Corsare di Torino