Praga ha ricordato senza clamori il 50° anniversario dell’immolazione di Jan Palach. Alla sede dell’Università Carlo è stata inaugurato nella sua sede storica una targa in ricordo del suo sacrificio. Per tutto il giorno c’è stato un via e vai al monumento a Palach in piazza Venceslao di rappresentanti dei partiti, di appartenenti al dissenso cecoslovacco, di studenti e semplici cittadini. Tra quelli che si chineranno al monumento di Palach ci sarà sabato anche una delegazione italiana della Fondazione Luigi Einaudi di Roma gravitante nell’orbita del centro-destra.
Rimaste sul posto ma bersagliate da messaggi critici le corone di fiori del presidente Zeman e del premier Babiš. Lo scorso 17 novembre, quando si celebrò la Rivoluzione di Velluto ’89, le corone erano state buttate nella spazzatura da alcuni oppositori. Particolarmente delicata è la posizione di Andrej Babiš, che durante la normalizzazione era uno dei quadri intermedi del Partito comunista normalizzato e agente della polizia segreta. La manifestazione serale organizzata dagli oppositori di Babiš ha raccolto diverse migliaia di persone. Praga si è stretta intorno al simbolo di Jan Palach considerando l’attuale governo, retto dall’appoggio esterno dei comunisti del Kscm – ancora anti-Primavera ’68 -, come un «prolungamento» della normalizzazione, contro cui Palach si era immolato.

Retorica a parte, da un’indagine demoscopica, il 40% dei cechi ritiene quello di Palach un inutile sacrificio e un altro 17% come un mero suicidio. Dall’altra parte però quasi la metà dei giovani lo considera un atto eroico. Nonostante una politica ufficiale di santificazione-revisione, il Paese rimane «fortunatamente» diviso a metà sulla figura e sul gesto di Jan Palach.