Dopodomani, Prada annuncerà la nascita del Corporate Social Responsibility, un progetto di sostenibilità che sarà raccontato e monitorato attraverso un sito web dedicato, csr.pradagroup.com. Che la moda non possa più fare finta di nulla di fronte alle sollecitazioni della sostenibilità ambientale, del lavoro e dell’intervento umano, è un dato di fatto. Sono anni, infatti, che l’innovazione della moda si è spostata dalla tecnologia necessaria allo sviluppo di nuovi materiali e di nuove lavorazioni, ai contenuti culturali e sociali che coinvolgono l’intervento umano, attraverso il recupero della manualità delle lavorazioni artigianali e del necessario intervento di riqualificazione delle professionalità.

La cosa che contraddistingue il progetto di Prada, però, è la costruzione di una «catena del valore integrata» ritenuta «fondamentale per coniugare qualità e innovazione» in modo da poter tradurre «concetti all’avanguardia in esclusivi prodotti innovativi». Un risultato che, attraverso il controllo «degli standard qualitativi ed etici» porterà, secondo il presidente del Consiglio di amministrazione del gruppo Carlo Mazzi, alla riscoperta del vero valore dell’impresa, che è la responsabilità sociale. «Crediamo che sia parte della responsabilità sociale d’impresa ampliare gli orizzonti guardando anche alle ricadute della propria attività affinché esse indirizzino lo sviluppo economico verso equilibri più sostenibili. È un obiettivo ambizioso che vogliamo perseguire non solo attraverso una costante attenzione nella gestione dell’azienda, ma anche come promotori di cultura nelle sue diverse manifestazioni: come fonte d’ispirazione, come opportunità di espressione e condivisione di interessi tra le persone e i popoli».

Ambientalista e umanista, quindi, il concetto di responsabilità sociale dell’impresa moda si allontana da un linguaggio prettamente tecnologico con il quale si esprime la maggior parte della contemporaneità. La differenza, forse, arriva dal fatto che la moda è a contatto con il corpo, non si sfiora, non si tocca, non si osserva ma si indossa e quindi è più legata alla persona e alle sue espressioni di quanto possa esserlo uno smartphone o un tablet. E quindi, oggi la moda è la prima industria a recuperare una cultura umanistica proprio per dare un senso al suo traguardo tecnologico già raggiunto e ne fa la sua cifra dell’innovazione.

Gli esempi di questo impegno sono tantissimi e su vari livelli. A partire dalle scuole di formazione aperte da aziende come Prada o Cucinelli, che servono a preservare e a ricreare un bacino di professionalità, all’impegno più prettamente sociale che con Chime For Change, progetto a sostegno dell’istruzione, della salute e della giustizia delle donne nel mondo, Gucci ha lanciato già anni fa con Salma Hayek, attrice e soprattutto moglie del proprietario Francois-Henri Pinault. Il tutto, quindi, proietta la moda in un impegno che fa un passo ulteriore, e forse più incisivo, rispetto alla stessa tracciabilità dei prodotti.

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