Con il permesso del nuovo governo indipendentista catalano, quella di ieri è stata anche nel resto della penisola una giornata piena di notizie. La prima, che in altre circostanze sarebbe stata l’unica, è che per la prima volta si siede nel banco degli imputati un’esponente della casa reale dei Borbone. Si tratta della sorella dell’attuale monarca, l’Infanta Cristina, accusata con l’ex marito ed ex giocatore di pallamano Iñaki Urdangarin e altri 18 imputati per il cosiddetto caso Nóos, il nome dell’istituto che si dedicava a eventi sportivi. L’Infanta è accusata con il marito sostanzialmente di evadere le tasse attraverso un’ong chiamata Aizoon.

L’ufficio anticorruzione chiede inoltre 19 anni per Urdangarin e 16 per il suo ex socio Diego Torres per aver messo in piedi una rete di imprese fantasma per poter ottenere finanziamenti da varie comunità autonome. Il caso era nato tirando il filo durante le indagini su tangenti pagate nella regione valenziana e nelle isole Baleari, ex feudi popolari, durante la bolla immobiliare.
Torres ha denunciato in un’intervista che Urdangarin avrebbe cercato di corromperlo offrendogli denaro e un prestigioso posto di lavoro a cambio di accollarsi tutta la colpa e che l’ex re Juan Carlos controllava i conti dell’istituto, quindi non potevano essere illegali, argomenta, così come un importante funzionario del ministero delle finanze – lo stesso che fa la dichiarazione dei (molti) redditi dei reali.

Il processo, che si celebra nelle isole Baleari, doveva essere presieduto da Juan Pedro Yllanes, che però si è presentato alle elezioni con Podemos. Secondo lui, il fatto che Borbone e il marito siano seduti come imputati è «segno di normalità democratica». Ma la verità è che nel primo giorno di questo giudizio, la Pubblica Accusa, l’Avvocato dello stato e persino il ministero delle Finanze si sono dedicati a cercare di far applicare all’Infanta una (discutibile) dottrina giuridica applicata, guardacaso, al fu magnate Emilio Botín (fondatore della principale banca spagnola, il Santander) per cui se ad accusare una persona c’è solo l’accusa popolare non ci sarebbe bisogno di processarla. Secondo i difensori della corona, giudicare Cristina di Borbone sarebbe «discriminatorio». Vedremo cosa decideranno le tre giudici.

Il Partito Popolare ha anche un altro caso di cui preoccuparsi più direttamente: quello contro il suo ex tesoriere, Luís Bárcenas, che questo fine settimana è tornato a minacciare il suo ex capo Rajoy. Stavolta sostiene di avere prove registrate che Rajoy avrebbe intascato denaro nero contante.

Domani intanto sarà l’attesissimo primo giorno per le nuove Cortes spagnole. Ma le posizioni dei partiti sembrano lontanissime persino per l’elezione del presidente della camera bassa (il senato è rimasto saldamente in mano popolare). Il Pp fa finta di credere che potrà eleggere il presidente visto che è il gruppo maggioritario. I socialisti sanno che il loro candidato Patxi López (ex presidente basco) ha buone chance nel secondo turno, quando passano i due più votati, ma i nuovi arrivati Ciudadanos e Podemos sbattono i pugni. Ciudadanos vorrebbe che fosse una presidenza temporale fino alla nomina del governo perché secondo loro a presiedere las Cortes dovrebbe essere un esponente dell’opposizione (novità nel panorama parlamentare spagnolo), mentre Podemos spinge perché vengano accettati i suoi 4 gruppi parlamentari: oltre a quello di Podemos, i tre raggruppamenti catalano, valenziano e galiziano, a cui avevano promesso un gruppo proprio con l’argomento che sono coalizioni.

Il regolamento è abbastanza flessibile, ma nessuno degli altri partiti vuole cedere tanto spazio di tribuna a Podemos – per non parlare dei finanziamenti pubblici che quadruplicherebbero.

I negoziati per il governo, poi, sono in alto mare.

Se il Pp non ha possibilità di farcela giacché, nonostante il nuovo governo indipendentista, il segretario del Psoe continua a giurare che non aiuteranno mai il Pp, l’alternativa di sinistra anche ammesso e non concesso che Podemos rinunciasse al referendum di autodeterminazione (difficile), o che si trovasse una formula ambigua da far digerire ai socialisti, senza almeno un’astensione di Ciudadanos non è percorribile. Il conto alla rovescia comincia domani.