I dati Istat, presentati nei giorni scorsi e relativi all’incidenza della povertà in Italia, fotografano con la forza dei numeri un paese sempre più sofferente.
Secondo l’istituto di statistica, il 9,9% delle famiglie italiane vive oramai in una condizione di «povertà assoluta», mentre il 16,6% della popolazione è in una condizione di «povertà relativa», stante una soglia di reddito di circa 980 euro per una famiglia composta da due persone.

Nel corso del 2013, un milione e duecentomila italiani hanno ulteriormente ingrossato le fila dei «poveri assoluti», in particolare a causa della perdita del lavoro e soprattutto nel mezzogiorno d’Italia. Il secondo e terzo figlio sembrano essere diventati un lusso, visto che, come risulta dai dati, la stragrande maggioranza delle famiglie in condizioni di «povertà relativa» è composta da almeno 4 componenti. Infine, aumenta anche l’incidenza dei cosiddetti working poor, ovvero di quei lavoratori e quelle lavoratrici che per effetto delle procedure di riduzione dei costi da parte delle aziende e dei trasferimenti sociali da parte delle autorità pubbliche, si ritrovano al di sotto della soglia di «povertà relativa» pur avendo un lavoro.

Come sottolinea lo stesso Istat, si tratta di una situazione drammatica che andrebbe affrontata con alcune misure d’urgenza a cui accompagnare una riflessione di fondo sulla natura stessa della nostra economia. Una vera emergenza, che richiederebbe interventi coraggiosi e in controtendenza e non, come sta accadendo, un silenzio assurdo da parte di un governo che non ha alcuna intenzione di ribaltare la sua agenda.

L’ufficio marketingdi Palazzo Chigi non ama discutere di argomenti poco cool come quello della povertà, e nessuno nel governo sembra avere dimestichezza con un tema che stride così tanto con il Sogno renziano. Sul lavoro poi, a parte il pessimo decreto Poletti, non ci sono all’orizzonte provvedimenti che segnino un’inversione di tendenza. Più che sul lavoro, il Pd preferisce concentrarsi su quel dopolavoro di lusso per sindaci e consiglieri regionali rappresentato dal futuro Senato non elettivo.

Questa gigantesca opera di ribaltamento delle priorità non è casuale. Per il governo, la povertà in aumento nel nostro paese non è un tema politico da rendere prioritario ma una questione da derubricare alla voce carità & compassione. Lo stessa tema del lavoro è solo una variabile dipendente del processo di liberalizzazione e di abbattimento delle tutele, non essendo in sé un valore da difendere ed estendere.

Se sul piano pratico vi è continuità piena con i governi precedenti, il governo Renzi rappresenta una novità enorme su quello concettuale. Margaret Thatcher amava ripetere che «la società non esiste, esistono solo gli individui» (vedi l’inserto Sbilanciamo l’Europa di ieri, ndr). Il Tony Blair di Rignano sull’Arno, tra una slide e l’altra, lascia intendere che anche l’Italia si deve adeguare a questo modo di approcciarsi alla politica. E se la povertà aumenta, poco male: aumenteranno le vendite di tappeti sotto i quali nasconderla.