«Comuna o nada», era stata la parola d’ordine di Hugo Chávez durante la famosa riunione del Consiglio dei ministri del 20 ottobre del 2012, quella del golpe de timón, dell’energico richiamo a un cambiamento di rotta.

QUEL GIORNO, rivolgendosi al suo vice Maduro, Chávez si era raccomandato: «Nicolás, ti affido questo come ti affiderei la vita: le comuni, lo stato sociale di diritto e di giustizia». Considerate la base territoriale del socialismo del XXI secolo, le comuni sono una delle più rivoluzionarie proposte chaviste di cambiamento «dal basso», per coniugare la dimensione politica del «potere popolare» con quella economica della creazione di imprese di proprietà sociale, verso il controllo dei mezzi di produzione da parte di lavoratori e comunità. L’obiettivo di Chávez è rimasto – por ahora? – a livello di semplice aspirazione. Ma se la nascita dello «Stato comunale» non è apparsa finora una priorità di Maduro (benché abbia indicato, fra gli obiettivi dell’Assemblea Costituente, il potenziamento delle comuni), c’è chi, dal basso, continua a lavorare per tradurre quel sogno in realtà.

È stato questo lo spirito dell’Incontro di solidarietà con il Movimento comunero di Simón Planas, nella comune di El Maizal, che si è chiuso domenica, dopo una riflessione sul progetto di democrazia popolare bolivariana come sistema di governo: «un esercizio di autonomia, di autogestione e di corresponsabilità politica» -si legge nel documento base dell’incontro – in una relazione di tensione permanente, e riconoscimento mutuo, tra potere popolare e governo centrale.

Non dunque uno spazio politico subordinato al controllo degli apparati di potere, ma un’istanza per proporre, in dialogo con il governo, «un efficiente programma di amministrazione e di lotta condivisa».

UN SISTEMA individuato come unica via non solo per far fronte alle crescenti aggressioni esterne, ma anche per superare i mali attuali del Paese, a cominciare dalla corruzione, dal burocratismo, dal clientelismo e dal modello capitalista ancora in vigore in Venezuela. Perché, come evidenzia il documento di base, non è attraverso il dialogo con gli imprenditori perseguito finora dal governo Maduro (e votato all’insuccesso), e ancor meno con la restituzione in corso al settore privato di imprese recuperate dallo Stato, che è possibile superare la drammatica scarsità di prodotti essenziali, bensì con la conquista della sovranità alimentare attraverso il controllo locale delle catene di produzione, trasformazione e distribuzione da parte del popolo organizzato.

MA QUANTO TALE STRADA si presenti in salita lo spiega bene proprio il caso del municipio di Simón Planas, nello Stato di Lara, dove, per le elezioni municipali del 10 dicembre scorso, la base aveva deciso di candidare Ángel Prado, leader della comune di El Maizal – un esempio brillante di efficienza produttiva – e membro dell’Assemblea Costituente, il quale aveva superato in maniera netta (57% contro 34%) il candidato ufficiale del partito di governo, il Psuv, Jean Ortiz, per poi vedersi scippare la vittoria dal Consiglio Nazionale Elettorale (con il pretesto della mancata autorizzazione della sua candidatura da parte della giunta direttiva dell’Assemblea Costituente). Da allora gli abitanti del municipio non hanno smesso di lottare per il riconoscimento della vittoria del loro candidato, e per il rispetto di quella che considerano la principale – benché spesso e volentieri calpestata – conquista del chavismo: la subordinazione delle istituzioni dello Stato alla volontà del popolo.