Dopo innumerevoli grandi prove di attrice con Ingmar Bergman, Liv Ullmann ha cominciato a dedicarsi alla regia, cinematografica e teatrale. Questa volta ha unito le due cose. Ha preso Miss Julie il testo di August Strindberg, svedese come lei, lo ha sceneggiato, ha selezionato tre attori sopraffini come Jessica Chastain, Colin Farrell e Samantha Morton e ne ha fatto un film impressionante (distribuisce Lab 80, marchio meritorio del cinema). Certo, il merito a monte è di Strindberg che ha colto tematiche talmente in anticipo sui tempi da venire rappresentato in patria solo dopo quasi venti anni. E col senno di poi si capisce il perché. Tutto si svolge nell’arco di una notte (Strindberg lo ha scritto e ambientato nella Svezia del 1888, Ullmann in Irlanda un paio d’anni dopo, per questioni di lingua e di interpretazione), la notte di san Giovanni, la notte di mezza estate, già celebrata da Shakespeare, che per gli svedesi è la vera grande festa che arriva a oscurare anche il Natale.

Mentre fuori le celebrazioni e il ballo impazzano e il barone è assente, sua figlia Julie, profondamente infelice, cerca qualche momento di evasione con la servitù, prima di finire nell’immensa cucina dove sta la cuoca Kathleen e il suo ragazzo, il maggiordomo John. Julie vuole attenzione, vuole essere ascoltata e accettata come essere umano, anche a costo di ordinarlo, Kathleen è stravolta dalla stanchezza, John cerca di sganciarsi ma il gioco lo intriga troppo. E alla fine tra la nobile scostante e il servitore ambizioso è fattaccio. I due si raccontano sogni. Lei sta in alto su una colonna e vorrebbe precipitarsi giù, anche a costo di farsi male.

 

Lui se ne sta sotto un grande albero e vorrebbe salirci sopra per prendere le uova dai nidi. Un conflitto di classe in piena regola che si confonde con il rapporto uomo-donna provocando un dramma esplosivo. Prima è lei a voler essere seduttiva, poi è lui a confessare l’antica fascinazione e a forzare la mano. Fantasticano anche la fuga verso il lago di Como, citato come luogo di felicità e soli perenni, ma è solo una fantasia.

Quando lui dà un ordine a lei poi ribadisce gli ordini suonano scortesi, «ora sai cosa si prova». Piccola vendetta per quel gioco crudele che miss Julie ha spesso messo in atto dando ordini quando la situazione non le era gradita. Miss Julie che, senza sapere cosa significasse, ha promesso alla madre di non diventare schiava di un uomo. In tutto questo l’altra vera vittima è Kathleen, strapazzata dalla padrona e maltrattata dall’amante, costretta a cogliere quel che succede senza alcuna possibilità di mutare il corso degli eventi.

Liv Ullmann mette in scena puntando molto sul talento, notevole, degli interpreti offrendo certo uno spaccato d’epoca ma anche un conflitto che pare connaturato alla natura umana. Perché sono cambiati i modi e i linguaggi, ma nella sostanza l’estrazione sociale discrimina soprattutto quando è lei a stare più in alto (era il caso di Strindberg e sua moglie), infatti per Sabrina una sessantina d’anni dopo è stato tutto un po’ più semplice.