«Lo vuole il popolo, e quindi lo faremo». Dopo tante indecisioni, il presidente della Commissione Juncker ha avuto uno scatto d’orgoglio europeista. Peccato che non si parli di accogliere i migranti o cancellare il fiscal compact, ma di abolire il passaggio dall’ora solare a quella legale. Il “popolo” di cui parla Juncker sono quei quattro milioni di europei, soprattutto scandinavi e tedeschi, che hanno partecipato alla consultazione telematica indetta dall’Unione Europea sulla direttiva che obbliga gli Stati a mandare avanti le lancette di un’ora tra marzo e ottobre.

A proporre l’abolizione della direttiva è stato il governo di Helsinki, allarmato dopo uno studio del 2016 secondo cui, nei giorni successivi al cambio dell’ora, nel paese di Babbo Natale le ischemie aumentano dell’8%. I finlandesi hanno raccolto settantamila firme, non poche in un paese con cinque milioni di abitanti, per chiedere di smetterla di spostare avanti e indietro l’orologio.

Vietato però citare quel titolo di Cuore («Scatta l’ora legale: panico tra i socialisti»). Innanzitutto perché in Finlandia governa la destra, come in quasi tutto il nordeuropa. E poi perché alcuni paesi potrebbero decidere di rimanere sull’ora solare, perché anche se la direttiva verrà cambiata la competenza sul fuso orario spetta agli Stati nazionali. Pur di non dire addio alle lunghissime giornate estive, noi tiferemo per l’ora legale.

E poi non sembrava una brutta idea: l’ora legale fu introdotta un po’ in tutta Europa (Italia compresa) durante la prima guerra mondiale allo scopo di consumare meno energia. Secondo i dati di Terna, l’ora legale permette ancor oggi di risparmiare lo 0,2% del fabbisogno energetico nazionale, per un valore di cento milioni di euro l’anno. Invece in nordeuropa, dove d’inverno è sempre buio e d’estate è sempre giorno, l’orario influisce meno sui consumi.

Ma ormai Juncker ha deciso: potere al popolo e poco importa se il “popolo”, in realtà, sia meno dell’1% della popolazione dell’Unione. Con la Casaleggio & Associati abbiamo visto di peggio. L’importante è che nessuno tocchi l’happy hour, l’unica ora che conti davvero.