Tutte le grande opposizioni che attraversano la nostra epoca – libertà/tirannia, fraternità/barbarie, democrazia/totalitarismo, uguaglianza/diseguaglianza, differenza/in-differenza, dominio /parità, civiltà/inciviltà, umano/disumano, trasformazione- conservazione, – derivano dalla fondamentale opposizione di Eros e Thanatos. La lotta tra il piacere del vivere, che trasforma il dolore e il lutto in saggezza, e il vivere da automi agenti come ingranaggi di un sistema desoggettivante che riproduce costantemente le condizioni di un’esistenza puramente oggettiva.

L’Eros è il godimento che diventa senso del vivere: il coinvolgimento sessuale, affettivo, intellettuale nell’esperienza complessa, conflittuale, profonda del mondo. Il Thanatos produce morti viventi: vari gradi di morte psichica in corpi biologicamente vivi.

La potenza significante dell’opposizione sinistra/destra (eredità della rivoluzione francese che riflette la collocazione delle forze politiche nello spazio fisico dell’assemblea nazionale dei rappresentanti del popolo) ha riassunto tutte le opposizioni, riscrivendole a posteriori nel passato e proiettandole con forza nel futuro. Essa non coincide con l’opposizione tra Eros e Thanatos: la sinistra nelle sue variegate configurazioni politiche spesso si è allontanata dall’Eros, concentrandosi sui bisogni materiali e favorendo o gestendo derive totalitarie, e la destra conservatrice non è necessariamente al servizio delle forze mortifere, distruttive.

Tuttavia con impressionante costanza tutte le espressioni culturali e politiche schierate dalla parte della vita vera, profonda che dispone l’essere umano verso la parità e la libertà, si sono collocate da sempre, in forme dirette o indirette, spesso minoritarie nel loro stesso campo, a sinistra: contro tutte le forme di rapporti di potere costituiti. Stare a sinistra significa essere dalla parte degli oppressi, dei diseredati, dei senza parola. Non per migliorare il loro stato e garantire l’equilibrio di un sistema di potere «ragionevole» e senza eccessi.  Questo è il progetto di una destra liberale, «compassionevole» (come si usa dire).

Il progetto della sinistra, riformatore e rivoluzionario al tempo stesso, per sua intrinseca natura, è una compiuta emancipazione culturale, politica e economica di tutti gli esseri umani, senza discriminazioni di sesso, di classe, di sangue e di suolo. L’orizzonte della sinistra è lo stesso della democrazia: una società di cittadini pari tra di loro, senza diritto/privilegio, formale o di fatto, di cittadinanza.

Il dramma che viviamo è la convergenza graduale e sotterranea delle opposizioni verso la «servitù volontaria» a un pensiero unico, omologante e alienante.
Il grande errore storico della sinistra è stata la dissociazione dell’uguaglianza dalla differenza che, nella sua forma più estrema, ha portato all’arbitrio e all’assolutismo, all’alienazione del popolo fatta in suo nome.

Gli esseri umani sono ineguali sul piano dei bisogni e differenti sul piano della declinazione personale del loro modo di essere, ma sono paritari sul piano del desiderio, possono realizzarlo solo nell’ambito di una reciproca soddisfazione.

Le catastrofi del secolo scorso addentrate nel secolo nuovo, mostrano che l’opposizione tra sinistra e destra non regge senza la presenza di un terzo elemento «regolatore». Questo elemento è la alleanza tra desiderio e bisogno garantita dall’egemonia del primo. Una condizione ideale non è raggiungibile (e non si può cercare di programmarla), ma bisogna essere consapevoli che si e tanto più vivi e liberi quanto più l’equilibrio è a favore del desiderio.
Questa è la prospettiva della sinistra.