Hanno presentato un esposto alla Corte dei conti: 29 parlamentari e 4 consiglieri regionali 5S hanno raccolto gli atti relativi alla convenzione stipulata dalla regione Campania con l’Associazione italiana ospedalità privata per «l’attivazione di posti letto Covid dedicati» e mercoledì hanno chiesto al tribunale amministrativo di verificare se ci sia stato danno erariale. Il sospetto è che si sia realizzata «una ingiustificata erosione del budget sanitario a favore del privato, indebolendo ulteriormente il settore pubblico. Si ha la sensazione che la regione nelle trattative con l’Aiop versi in condizioni di subalternità».

INIZIO PANDEMIA, il governo vara il decreto Cura Italia il 17 marzo con cui prevede il coinvolgimento delle cliniche private. Con il decreto Liquidità dell’8 aprile l’esecutivo fissa la tariffa per i servizi del privato convenzionato: gli enti del Servizio sanitario nazionale corrispondono ai privati, «salvo conguaglio a seguito di apposita rendicontazione», un corrispettivo mensile «nel limite del 70% dei dodicesimi corrisposti per l’anno 2020». La Campania, che solo lo scorso dicembre ha avuto il via libera all’uscita dal commissariamento del settore che durava dal 2009, ha deciso di essere più generosa.

LA REGIONE guidata da Vincenzo De Luca, che si appresta a correre per la rielezione, il 28 marzo stipula un protocollo con l’Aiop Campania. All’art. 7 i compensi: alle case di cura vengono riconosciuti 700 euro al giorno per ogni posto letto in terapia sub intensiva; 1.200 euro al giorno per la terapia intensiva; il rimborso di medicinali e dispositivi di protezione individuale più una remunerazione mensile pari al 95% di un dodicesimo del budget assegnato «a prescindere dal valore della reale produzione o dagli interventi effettivamente svolti». L’accordo è valido per 3 mesi a partire da marzo, prorogabile fino a fine emergenza. Così la Campania non solo concede una percentuale più alta ma elimina la clausola della rendicontazione accettando la semplice disponibilità, anche senza l’effettivo utilizzo dei posti letto. Un po’ troppo.

UN ADDENDUM arriva il 3 aprile per mette una pezza: «Tra le finalità del protocollo c’è assicurare un supporto finanziario alle aziende private, in ragione della sospensione delle attività (ferme dal 5 marzo ndr)» in modo da «assicurare i livelli occupazionali». Viene poi stabilito che «il conguaglio tra regione e case di cura avverrà nel 2022», cioè dopo le elezioni regionali. «Assomiglia ai metodi di Achille Lauro – il commento della consigliera regionale 5S Valeria Ciarambino – cioè una scarpa adesso e l’altra dopo il voto. In quanto alle preoccupazioni per i dipendenti, l’Emilia ha imposto alle cliniche di non ricorrere alla cassa integrazione, la Campania invece dà i fondi senza alcun paletto». Le disposizioni regionali, tuttavia, continuano a stridere con il decreto Liquidità.

UNA NOTA DEL DIRETTORE generale Tutela della Salute il 14 aprile fa marcia indietro: corrispettivo al 70% e solo dopo rendicontazione. Due giorni dopo arriva una nota dall’Aiop e il 20 aprile il direttore si corregge ancora: le tariffe tornano al 95% senza obbligo di rendicontazione come da protocollo e addendum. «Forti dubbi sorgono in ordine alla reale possibilità che lo stato possa rimborsare i pagamenti forfetari – spiegano i 5s -. C’è il rischio per la regione di dover utilizzare risorse del proprio fondo sanitario per pagare una mera “messa a disposizione” e non già prestazioni effettive». Fondi che verrebbero sottratti al pubblico.

LE COMUNICAZIONI danno il tenore dei rapporti. L’Aiop l’8 maggio scrive a De Luca una lettera di fuoco: Asl e Distretti sanitari «si rifiutano di dare attuazione al Protocollo» con «motivazioni futili», «adducendo farneticanti motivazioni sulla necessità di ulteriori conferme». Non sono convinti gli uffici regionali e non sono convinti neppure i responsabili degli ospedali pubblici. Il 17 aprile l’Asl di Caserta scrive ai direttori dei posti letto e delle unità ospedaliere: «Si invitano le strutture sanitarie locali a rimuovere qualsivoglia impedimento, di ordine pratico o psicologico, che rallenti l’avvio deciso delle procedure di trasferimento» nelle cliniche private dei pazienti. Eppure eravamo già fuori dalla crisi. Il 14 aprile, ad esempio, in terapia intensiva in Campania erano solo in 80.