Il postino non suona più due volte. Anzi non suona affatto, da quando ha iniziato a bussare alle porte di casa due, massimo tre volte la settimana, effetto diretto dell’ultima «riorganizzazione» di Poste Italiane. Nel nuovo piano strategico, l’azienda ha deciso di allargare all’intera penisola il progetto sperimentale di consegna di lettere, cartoline e bollette a giorni alterni. E se la corrispondenza classica si è ridotta, le bollette e le tasse comunali, come quella sui rifiuti, continuano ad arrivare per posta. Risultato: caos nei centri di smistamento, e proteste dei sindaci e degli utenti, specialmente nei paesi più piccoli e nelle zone più lontane dai capoluoghi.

Se può essere di consolazione, la posta non ordinaria, dalle raccomandate ai pacchi, sarà ancora consegnata quotidianamente. Insomma le multe e il milione di cose in vendita sulle piattaforme dell’e-commerce non devono aspettare. Quanto al resto però, comprese le pubblicazioni periodiche come i quotidiani, il piano industriale di Poste Italiane è chiaro.
Il problema è che ad essere tagliato non sarà solo il servizio, ma anche i postini. A riprova, nei cinque anni di applicazione del piano industriale (Deliver 2022), sono previsti 25mila addetti in uscita, a fronte di sole 10mila assunzioni, in maggioranza per i settori finanziari e assicurativi. In altre parole 15mila lavoratori in meno, con prepensionamenti e accordi volontari per la mobilità. Dagli attuali 138mila dipendenti, nel 2022 il personale scenderà a quota 123mila.

Il management aziendale si è attrezzato per raggiungere un accordo con i sindacati confederali. Non ha però fatto i conti con la reazione dei sindacati di base, e in parallelo con la levata di scudi di molti enti locali, pressati dai loro concittadini. Con prese di posizione su giornali e tv, basate su una efficace considerazione: «La progressiva dematerializzazione delle comunicazioni non significa che si debba dematerializzare anche il servizio di recapito di ciò che circola in cartaceo».

C’è anche chi ha pensato di ricorrere alle carte bollate. Secondo i sindaci, la consegna della posta deve essere considerata un servizio pubblico, e quindi non ne può essere interrotta la continuità. Parola dunque ai giudici amministrativi, che in passato – vedi le sentenze del Consiglio di Stato in materia – non sono mai stato teneri di fronte a riorganizzazioni del genere.

Dal canto loro, i postini sono in fibrillazione. «Non abbiamo avuto la possibilità di spiegare il nostro punto di vista su una riorganizzazione così importante – spiega Edoardo Todaro dei Cobas Poste – non sono state fatte assemblee né incontri specifici, quindi la nostra contrarietà è sia sul merito della riorganizzazione che sul metodo usato». Nell’area fiorentina i Cobas hanno organizzato una raccolta firme, e pensano a una giornata di sciopero. «Certo non siamo di fronte a licenziamenti – specifica Todaro – ma questa è la settima riorganizzazione in dieci anni». Riorganizzazione che si ripercuote sulla vita dei postini: «I portalettere di solito lavoravano al mattino, mentre adesso i turni saranno anche di pomeriggio, per la consegna dei pacchi. Questo significa dover riorganizzare anche la propria vita. E ci sarà molto da fare il sabato, per consegnare i pacchi nel fine settimana, come richiesto dai clienti. E abbiamo già la certezza che, con la riorganizzazione, i contratti a tempo determinato per i postini non saranno riconfermati».