Il «Modello Genova» per le zone demolite dal terremoto del 2016. Nominato due mesi fa, il commissario alla ricostruzione Giovanni Legnini ieri mattina ha firmato quattro nuove ordinanze che, a suo dire, saranno «una rivoluzione copernicana» per il fazzoletto d’Italia compreso tra le Marche, l’Umbria, il Lazio e l’Abruzzo: il cratere del terremoto si restringe, o per meglio dire sono stati individuati 44 comuni (su 138) «maggiormente colpiti» nei quali le amministrazioni avranno più poteri di deroga rispetto alle altre, che comunque potranno richiedere di occuparsi con i propri uffici delle varie pratiche.

Il fronte burocratico è quello sul quale Legnini sembra voler puntare maggiormente: attualmente il tempo medio di percorrenza di una pratica è di 337 giorni, ma il commissario ritiene di poter abbattere l’attesa di parecchio. Il terremotato, a seconda della gravità della situazione della propria abitazione, dovrà aspettare tra i 70 e i 130 giorni. Infine arriveranno 30 milioni per la messa in sicurezza sanitaria dei cantieri, in modo da favorirne una riapertura rapida: questione cruciale in quello che è il più grande cantiere a cielo aperto d’Europa, con oltre centomila edifici da rimettere in sesto. «Semplificare – sostiene Legnini – non vuol dire cedere sul fronte della trasparenza. Vigileremo e posso assicurare che la legalità costituirà la cifra del processo di ricostruzione».

La semplificazione delle procedure, ad ogni modo, è un tema che viene sbandierato sin dall’inizio di questa storia – e sono passati quasi 4 anni – tra i terremotati la sfiducia in questo senso è ben oltre i livelli di guardia. Legnini lo sa, ma invoca fiducia: «Queste sono quattro ordinanze spartiacque, la fiducia speriamo di riuscire a recuperarla con i fatti. So bene che domani, tra un mese o tra due ancora non si vedranno risultati tangibili, ma chiediamo ai cittadini un credito preventivo frutto della consapevolezza di aver prodotto un grande sforzo».

Il commissario ha un fronte aperto anche con il governo, perché per tutto quello che riguarda la ricostruzione pubblica il sentiero è obbligato. Le richieste, dunque, riguardano più fondi, più poteri e almeno 200 assunzioni: solo così si potrebbe concretizzare il «modello Genova», là dove il ponte Morandi crollato meno di due anni fa è stato già rimesso in piedi. Una situazione che, per quanto diversa rispetto a quella del Centro Italia, ha fatto riflettere in molti, aumentando in qualche modo la sensazione di essere stati abbandonati al proprio destino o, quantomeno, di essere considerati un gradino al di sotto di altre situazioni critiche.

«Rifuggo modelli e non cerco pieni poteri – dice Legnini -, ma occorre mettere a disposizione dei comuni e di tutti i soggetti attuatori la procedura più semplificata possibile, oltre a consentire al commissario di avere un potere di deroga limitato alle situazioni in cui può essere necessario». Di tutto questo il commissario avrebbe già parlato con Conte, se il premier sia d’accordo o no, però, è ancora tutto da scoprire.