I fantasmi di mezza estate ci hanno messo dieci giorni per farsi da parte. Settimana di Ferragosto: gli operai erano in ferie e la fabbrica era chiusa quando, a Modena, si diffonde la notizia: «La Firem si trasferisce in Polonia». Quando? «Adesso», nel silenzio delle giornate d’agosto in provincia, lontano dagli occhi di sindacati e lavoratori.
«Una cosa del genere – commentò la Fiom – non si era mai vista da queste parti», ma da altre, in verità, sì: molti operai della penisola hanno dovuto apprendere di essere rimasti senza lavoro quando, di ritorno dalle vacanze, hanno trovato i cancelli del loro stabilimento chiuso. In Emilia, comunque, la protesta è cominciata prima che fosse troppo tardi, e un presidio si è piazzato immediatamente davanti alla Firem per impedire l’uscita dei macchinari.
Nella giornata di ieri, poi, ecco che, un po’ a sorpresa, sono arrivate indicazioni positive dall’atteso incontro tra azienda e Rsu. Sarebbe emerso, infatti, un accordo in base al quale «entro venti giorni la Firem dovrebbe presentare in Regione un piano industriale che permetta di riprendere anche l’attività produttiva. In attesa della definizione di questo piano – a parlare è Cesare Pizzolla della Fiom modenese -, lunedì si effettuerà un incontro in Provincia per definire quale tipo di ammortizzatore sociale, rigorosamente conservativo, potrà essere attivato». Insomma, la prima cosa è salvare il posto alla quarantina di dipendenti della fabbrica, che ha sede nel piccolo comune di Formigine e che produce resistenze elettriche.
Inizialmente i dirigenti della Firem avevano in mente di trasferire tutto verso l’Europa dell’est entro il 2 settembre. Adesso quello che la Fiom definisce «un primo passo» è la certezza che lo stabilimento italiano non chiuderà. «Gli impegni – sottolinea però Pizzolla – sono solo sulla carta, dovremo vedere nel merito la concretizzazione quando verrà illustrato il piano industriale. Inoltre resta aperto il problema su come ed in quali tempi recupereremo le quote delle retribuzioni arretrate», ed è per questo motivo che il presidio continuerà a oltranza fino a che non ci saranno garanzie certe.
Quella di smobilitare la fabbrica all’insaputa di tutti, comunque, sembra essere una moda che sta prendendo piede tra gli industrialotti dell’Emilia Romagna. A Forlì, intorno alle tre della notte tra venerdì e sabato, gli operai della Dometic Italy (che produce condizionatori per camper) hanno chiamato i carabinieri per segnalare movimenti sospetti all’interno della fabbrica. Arrivati con la convinzione di avere per le mani dei ladri, i militari dell’Arma sono rimasti un po’ stupiti quando hanno scoperto che chi stava cercando di portare via i generatori dai magazzini erano l’amministratore Marco Grimandi, il responsabile europeo della produzione Hakan Ekberg, un terzo dirigente svedese della multinazionale e «una decina di persone sicuramente non dipendenti della Dometic», alcuni dei quali, riferiscono i sindacati «sembrerebbe fossero sprovvisti dei documenti d’identità».
Insomma, i manager stavano provando a svuotare tutto approfittando del favore delle tenebre; un primo passo, probabilmente, verso un netto ridimensionamento dello stabilimento forlivese. «Una cosa simile – scrivono in una nota Fim, Fiom e Uilm – si era già verificata alle 6 del mattino del 14 agosto, quando gli stessi tre dirigenti avevano provato a caricare e spedire prodotti e componenti presenti nei magazzini ed erano stati fermati solo grazie alla presenza e all’intervento dei lavoratori».
Lo sconcerto dei lavoratori è dovuto anche al fatto che le procedure di mobilità erano state congelate con un accordo raggiunto poco tempo fa e che l’azienda si era impegnata a «non assumere decisioni unilaterali» fino a un incontro già fissato per il 5 settembre.
La parola dei manager Dometic, con tutta evidenza, vale poco e allora, anche in questo caso, i lavoratori hanno allestito un presidio permanente davanti ai cancelli della fabbrica.