A fronte di 40 mila tamponi in meno rispetto al giorno precedente, i 17.012 nuovi positivi al Covid-19 individuati su tutto il territorio nazionale nelle ultime 24 ore non rappresentano una frenata nell’avanzata del contagio, malgrado domenica sia stato toccato il picco dei 21.273 positivi in più. Anzi: relativamente al numero dei test effettuati, i casi “stanati” ieri salgono dal 13% al 13,6%. Ma soprattutto è il rapporto positivi/casi testati che tocca il 21,6% (+0,7%).

Semmai, i dati riportati ieri dal bollettino quotidiano della Protezione Civile e del ministero della Salute dimostrano una volta ancora che lo screening procede senza alcun governo complessivo o programmazione: dai 161.880 tamponi di domenica si è scesi ai 124.686 di ieri, giornata nella quale sono state testate 78.816 persone, ossia 23.060 in meno rispetto al giorno prima. Ma le vittime purtroppo aumentano: se domenica avevamo dovuto contare 128 morti, ieri i decessi sono stati 141.

In terapia intensiva sono state ricoverate 76 persone in più nelle ultime 24 ore, raggiungendo nel complesso i 1.284 posti occupati; i ricoverati con sintomi sono 991 in più (quasi 13 mila in totale). Secondo il prospetto messo a punto dalla Fondazione Gimbe, dal 21 ottobre a ieri la curva del trend settimanale mostra la stessa ripidità di crescita sia per i malati gravi (circa cento in più al giorno) che per gli altri (circa mille). E inoltre, «la proporzione tra attuali positivi, ricoverati con sintomi e pazienti in terapia intensiva è pressoché costante, con circa un ricoverato in terapia intensiva ogni dieci ricoverati con sintomi in ospedale».

In testa alla classifica delle regioni, sempre la Lombardia (3570 casi e 17 morti in più), seguita dalla Toscana (2171 positivi e 13 decessi) e dalla Campania che ieri ha registrato 1981 nuovi casi, mentre domenica si era fermata a 600 positivi in più, sebbene oltre 5 mila tamponi in meno rispetto al giorno prima, con un’incidenza attuale del 17%. E mentre a Napoli piazza del Plebiscito si riempie di nuovo di manifestanti che protestano contro le restrizioni imposte, il bollettino della Regione Campania parla di 123 posti letto di terapia intensiva occupati sui 227 disponibili, e di 1191 degenti su 1500.

Cifre che purtroppo lasciano poco margine di manovra, a questo punto. D’altronde, come spiega Nino Cartabellotta: «La prima ondata l’abbiamo subita, la seconda l’abbiamo favorita; a luglio eravamo riusciti ad abbattere la curva dei contagi, poi abbiamo dato una bella mano al virus». Tutti, sembra dire il presidente della Fondazione Gimbe, chi più e chi meno, anche se non tutti con gli stessi poteri e le stesse responsabilità.

Ma il gioco del rimpallo tra Roma e i capoluoghi di regione continua. Ieri per esempio, alle Regioni che chiedono di correggere l’ultimo Dpcm, i deputati del M5S della commissione Affari Sociali hanno risposto invitandoli a rendere pubblici i «dati ufficiali e dettagliati» della gestione dell’emergenza sanitaria. Soprattutto per quanto riguarda «l’attivazione delle ulteriori terapie intensive stabilite nel decreto Rilancio, ma non ancora attivate in tutte le regioni e le Usca, le unità speciali di continuità assistenziali».

I 5S sottolineano che «dopo circa 8 mesi le uniche regioni in linea con gli standard previsti dal decreto sembrerebbero essere solo L’Emilia-Romagna, la Toscana e il Piemonte». E, riguardo le Usca, «se create per tempo, avrebbero beneficiato già del sostegno dei medici specializzandi in medicina generale, garantendo l’assistenza domiciliare per i pazienti Covid che non necessitano di ricovero, senza quindi intasare gli ospedali».