L’Alcoa conferma di voler chiudere l’impianto di Portovesme entro l’anno. Il colosso americano dell’alluminio ha annunciato la sua decisione ieri con una nota ufficiale diffusa attraverso il sito Internet.

E’ dal 2012 che la multinazionale Usa ha smesso di produrre in Sardegna. Gli impianti allora furono bloccati perché la fonderia di Portovesme – disse allora l’azienda – aveva «uno dei più alti costi di produzione nel sistema Alcoa con limitate prospettive per diventare competitivo». «Le ragioni fondamentali che hanno reso la fonderia di Portovesme non competitiva, purtroppo, non sono cambiate da allora», specifica Bob Wilt, presidente di Alcoa Primary Products, motivando l’addio all’impianto. «Alcoa – aggiunge – continuerà a rispettare gli impegni assunti con i nostri dipendenti e stakeholder, come abbiamo sempre fatto». «La chiusura di Portovesme – spiega ancora il manager Usa – è coerente con la strategia di Alcoa di creare un business competitivo a livello globale e con l’obiettivo di migliorare il proprio posizionamento sulla curva del costo mondiale di produzione dell’alluminio, raggiungendo il 38° percentile entro il 2016». Segue una puntigliosa rendicontazione dei costi di chiusura e la data: allo scadere dell’ultimo trimestre del 2014.

A Wilt ha risposto il presidente della Regione Sardegna, Francesco Pigliaru: «L’annuncio di Alcoa non avrà alcuna conseguenza sulle trattative per la cessione dello stabilimento a un altro gruppo che garantisca la ripresa della produzione a Portovesme». Già nei giorni scorsi – ha fatto sapere Pigliaru con un comunicato diffuso subito dopo quello della holding americana – la Regione Sardegna aveva ricevuto formalmente dagli Usa la conferma che il passaggio annunciato on line da Wilt non avrà implicazioni sull’impegno riguardante la vendita della fabbrica e sugli impegni assunti per i lavoratori dello stabilimento del Sulcis. «L’annuncio Alcoa ha ragioni puramente contabili – spiega Pigliaru – e la Regione continua a essere attivamente impegnata nella trattativa per favorire l’acquisto degli impianti di alluminio da parte di un altro soggetto. L’iniziativa non è stata allentata in agosto e si lavora con il massimo sforzo per arrivare quanto prima a un memorandum d’intesa».

Sulla stessa linea di minimizzazione delle conseguenze dell’annuncio Alcoa, ma anche di denuncia delle responsabilità dell’azienda, è Michele Carrus, segretario regionale della Cgil. «L’Alcoa – commenta il dirigente sindacale – è un disco rotto. L’azienda va avanti con dichiarazioni di questo tipo da ormai tre anni. Per noi ciò che importa è che i manager di Pittsburgh confermino l’impegno a mantenere in efficienza gli impianti e a facilitare la vendita ad altri operatori che possano rilevare e mantenere in funzione la struttura». «Sappiamo già da tempo – aggiunge Carrus – che dal punto vista dell’Alcoa la decisione di chiudere è irrevocabile.

L’azienda guarda solo ai propri interessi ed è incurante dei disastri che può provocare la sua scelta non solo in un territorio come il Sulcis ma nell’intero sistema produttivo nazionale. La fabbrica di Portovesme produce alluminio primario, quindi con la sua chiusura l’Italia sarebbe costretta a importare non solo il prodotto finale, ma anche quello intermedio, indispensabile per tanta parte delle nostre attività manifatturiere». La Cgil chiede quindi a Regione e governo la conferma dell’impegno a trovare in tempi stretti un compratore interessato alla fabbrica. «Vorremmo – dice Carrus – che si mettesse in campo tutta la capacità di agire di un grande paese industriale per trovare chi possa rilevare proficuamente un’attività fondamentale per l’economia nazionale».

Che Alcoa non voglia sfilarsi dalla trattativa per trovare un altro gruppo che riavvii la produzione sembrerebbe confermato da un passaggio della nota diffusa ieri: «Come da impegni presi con governo e sindacati, Alcoa ha posto in essere per i dipendenti un programma di sostegno finanziario e sociale comprensivo di servizi per l’outplacement e la ricerca di una nuova occupazione». E poi ci sono le rassicurazioni formali arrivate nei giorni scorsi al presidente della giunta regionale, citate da Pigliaru nella sua nota.

A Portovesme però l’ennesimo annuncio di Alcoa ha fatto salire la tensione. Da settimane quasi un centinaio dei 450 operai in cassa integrazione sono accampati con le tende di fronte ai cancelli della fabbrica per sollecitare il governo a imprimere una svolta alle trattative per il passaggio dello stabilimento da Alcoa al gruppo svizzero Glencore, che ha manifestato interesse all’acquisto. Le prossime settimane saranno decisive.