“No al falso referendum”. I muri di Portorico invitano a boicottare il referendum indetto per oggi nell’isola più piccola delle Grandi Antille, dipendente dagli Stati uniti. Il risultato delle urne avrà carattere consultivo e non vincolante. L’intento del governatore Ricardo Rossello – che aveva promesso il referendum in campagna elettorale alla parte più estrema del suo Partido Nuevo Progresista (Pnp) è però quello di rafforzare il campo di chi vuole trasformare il paese nel 51mo Stato degli Usa.

L’iter legislativo è stato avviato dal referendum popolare del 2012, nel quale il 61,15% dei votanti ha deciso che Portorico deve diventare uno Stato federato degli Stati uniti entro il 2025. Oggi si vota per mantenere l’attuale statuto territoriale o per adottare una formula che promette di combinare l’indipendenza con la libera associazione.

Per l’opposizione, si tratta di una truffa che confonde e svia e di uno spreco inutile. Con il paese in piena bancarotta, la povertà che supera il 45% e la disoccupazione che colpisce più del 12% della popolazione su un totale di quasi 3.700.000 persone, anche il denaro impiegato per il voto – quasi 8 milioni di dollari di fondi pubblici – risulta uno scandalo. L’arco dei partiti che invitano al boicottaggio è ampio. Oltre agli autonomisti, ai sovranisti e agli indipendentisti, comprende anche settori interni al Partido Popular (uno dei più colonialisti), risentiti con Washington per l’attitudine riservata allo “Stato libero associato” dopo l’arrivo di Trump e dei suoi propositi “protezionisti”.

La nuova amministrazione Usa non scalpita per l’annessione definitiva e formale di un’isola che, per quel che serve (a livello geopolitico, economico e militare), è già abbondantemente asservita. Per questo, non sono stati sbloccati i fondi destinati da Obama (2,5 milioni di dollari) per un referendum sullo status di Portorico. E nei quesiti dell’urna, Washington ha preteso che figurasse anche il mantenimento dello status attuale. Tra le forze politiche che invitano al boicottaggio, vi sono il Partido del Pueblo Trabajador (Ppt), il Movimiento Independentista Nacional Hostosiano (Minh), il sindacato La Union Independiente Autentica e l’organizzazione Vamos, che rigetta in particolare la Junta de Control Fiscal (Jcf) e l’imposizione del Titolo III, il meccanismo giuridico per ristrutturare il debito con Washington mediante l’imposizione di ulteriori misure di austerità: per pagare oltre 500 milioni di dollari nei prossimi 5 anni.

Un invito al boicottaggio è arrivato anche dall’indipendentista Oscar Lopez Rivera, ex prigioniero politico graziato da Obama da poco tornato nel paese e accolto con entusiasmo dai movimenti che protestano contro i tagli alla spesa pubblica decisi in nome dell’austerity.