Lo scenario che si è aperto in Portogallo è affatto rivoluzionario, lo si è detto più volte; e come in ogni rivoluzione in corso si sa da dove si inizia ma raramente il risultato è conforme alle aspettative iniziali.

Che c’era qualche cosa di nuovo nell’aria lo si era capito fin dalle prime ore che hanno seguito la giornata elettorale del 4 ottobre. Da un lato le sorprendenti aperture a un governo unitario delle sinistra e, dall’altro, il presidente della repubblica Anibal Cavaco Silva che affida, cosa mai successa prima, al primo ministro uscente e leader del centro destra Pedro Passos Coelho, l’incarico di facilitatore in vista della formazione di una grande coalizione. Una procedura insolita che mostrava fin da subito in modo chiaro quali fossero le preferenze del capo dello stato e di come questo non fosse disposto a lasciare troppe libertà di azione e autonomia ai partiti. Tuttavia, e questo è paradossale, nonostante le trattative per un governo con i socialisti in venti giorni non siano mai veramente decollate, Passos Coelho è comunque chiamato a guidare il nuovo esecutivo.

Fino a qui i fatti, ma più dei fatti, in queste ore, contano le parole pronunciate da Cavaco Silva la sera del 22 ottobre. E in questo senso, eccezion fatta per i partiti di destra, soddisfatti del risultato, lo sgomento di fronte a toni durissimi è quasi unanime. João Galamba, deputato socialista, parla addirittura di dichiarazioni golpiste. Catarina Martins, portavoce del Bloco de Esquerda (Be), non contesta nel merito le decisioni prese dal presidente, ma il ragionamento e la logica soggiacente a questa scelta. Critiche non sospette arrivano addirittura dal leader della Confederação Empresarial Portuguêsa (CIP) António Saraiva preoccupato dal fatto che un clima poco conciliante possa pregiudicare il dialogo tra le parti e quindi la stabilità del paese.

E il punto è proprio questo: nel muro contro muro, c’è chi vince e c’è chi perde, ma intanto il rischio è che sia il funzionamento stesso della macchina istituzionale a bloccarsi.
Il Pr è apparso deciso a non avallare un governo frentista, considerandolo inconsistente e dannoso, e ha quindi sollecitato implicitamente i deputati socialisti, in nome del supremo interessa nazionale, a votare a favore di Passos Coelho. «In quarant’anni di democrazia – spiega Cavaco Silva – non è mai successo che dei governi portoghesi abbiano dovuto dipendere dall’appoggio di forze politiche anti-europeiste, di forze politiche cioè che nei loro programmi elettorali propongono l’idea dell’abolizione del Fiscal Compact, dell’Unione bancaria e del patto di stabilità e crescita».

La conventio ad excludendum si deve abbattere su quei partiti che si oppongono a un certo tipo di Europa. Poco importa che Be e Pcp abbiano dichiarato esplicitamente di rinunciare ai punti più controversi del loro programma (uscita dall’unione monetaria e dalla Nato e rinegoziazione del debito). Qui siamo di fronte a qualcosa di più profondo. Ciò che non deve essere mai sottovalutato è la convinzione, tutta domestica, con cui il Psd ha portato avanti in questi anni le politiche di privatizzazione e di tagli alla spesa pubblica, né tantomeno dev’essere dimenticato che, per portare avanti un piano di ristrutturazione del welfare state senza precedenti il centro-destra abbia potuto contare su di un potere di intervento decisamente inusuale: Durão Barroso, presidente della commissione europea, Cavaco Silva presidente della repubblica e Passos Coelho primo ministro.

Un intervento su due livelli: sia interno che esterno quando si è trattato di impedire a ogni costo che si adottasse una linea più morbida nei confronti della Grecia. Alla base di un atteggiamento tanto estremista c’è una vera e propria visione del mondo, una strada che è stata perseguita e si vorrebbe perseguire ancora con grande determinazione.

Il confronto tra parlamento e presidenza della repubblica è aperto e si annuncia essere duro e duraturo, difficile prevedere quale sarà l’epilogo, quel che è certo è che a questo punto qualcuno dovrà cedere. Antonio Costa intanto ha incassato la fiducia della commissione politica, quindi le trattative con il Partido Comunista Português e il Be vanno avanti. Ferro Rodrigues, deputato Ps, è stato eletto ieri presidente dell’Assembleia da Republica, in quella che viene considerata come la prima vittoria del blocco delle sinistre.

Il prossimo passo sarà quello di sfiduciare il governo che, però, pur con poteri ridotti, potrà continuare a gestire gli affari correnti fino a che un nuovo primo ministro non sia nominato e su questo punto la costituzione non prevede scadenze.